Nel 2015, con un'apposita delibera al fine di cambiare il proprio regolamento sui servizi cimiteriali, il comune di Padova aveva vietato a una cittadina di avvalersi di un'azienda privata al fine di far cremare il defunto marito per poi riporre l'urna cineraria nella struttura gestita dall'azienda stessa, tutto al di fuori del canonico servizio comunale. La delibera faceva chiaro riferimento al fatto che per conservare urne cinerarie al di fuori della propria abitazione, un cittadino non poteva avvalersi di un servizio e una struttura privata.
L'azienda (la srl Memoria) si limitava a fornire un servizio che offriva, al di fuori del cimitero comunale, un luogo espressamente dedicato alla conservazione delle urne cinerarie, tranquillo, protetto ed appropriato al raccoglimento con cui riavvicinarsi ai cari defunti. Sentendosi nel giusto (se lo stato guadagna sulle ceneri perché non può farlo un'impresa privata?) l'azienda è passata alla vie legali, interpellando il Tar del Veneto al fine di far annullare la delibera comunale. Il tribunale amministrativo ha chiesto alla Corte di giustizia di considerare l'articolo 49 del Tfue (Trattato di funzionamento dell'Unione Europea) che riporta il principio di libertà di stabilimento.
Dopo il richiesto iter, con la sentenza del 14 novembre 2018 sula caso in oggetto (il C-342/17), si è stabilito come la regolamentazione sulle libertà di stabilimento, sancita dall'articolo 49 Tfue, riconosca una normativa come quella espressa dal comune di Padova rappresenti una limitazione alla libertà del cittadino. Sul caso specifico, inoltre, i giudici dell'UE hanno dichiarato che la delibera emessa dal comune "non è giustificata da ragioni di legate alla tutela della salute, dal rispetto della memoria dei defunti o dalla tutela dei valori morali e religiosi prevalenti in Italia". La Corte ha tenuto a precisare come questi valori siano quelli che "ostano all'esistenza di attività commerciali e mondane connesse alla conservazione delle ceneri dei defunti e, quindi, a che le attività di custodia dei resti mortali perseguano una finalità lucrativa". In aggiunta specifica, i giudici hanno affermato che, in merito alla tutela della salute, le ceneri (sterilizzate dal calore) sono da considerarsi sostanza inerte, al contrario delle spoglie mortali. Non ci può essere quindi vincolo sanitario alla loro conservazione, mentre per quanto riguarda il rispetto della memoria dei defunti (tirato in ballo dal comune di Padova) hanno affermato che la norma italiana "si è spinta oltre il necessario per conseguire l'obiettivo".
Infine, la Corte ha considerato l'esistenza di misure meno restrittive che potevano essere chiamate in causa, come "l'obbligo di provvedere alla conservazione delle urne cinerarie in condizioni analoghe a quelle dei cimiteri comunali e, in caso di cessazione dell' attività, di trasferire le spoglie in un cimitero pubblico o restituirle ai parenti del defunto".
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