La Rivista del Sindaco


Un dirigente che vince un concorso non ha vincoli di permanenza nella prima sede assegnata

Dirigenza degli Enti Locali
di La Posta del Sindaco
28 Gennaio 2020

La contrattazione collettiva e l’intera disciplina giuridica riguardante gli incarichi dirigenziali (come sottoscritta dal Dlgs 165/2001) trova un forte contrasto proprio nell’articolo 35, comma 5-bis del Dlgs 165/2001, che prevede un automatico prolungamento dell’incarico per un dirigente al primo incarico: ad esempio al termine di tre anni stabiliti con il primo incarico dirigenziale ci sarebbe un automatico rinnovo per almeno un biennio. Eppure, essendo l’assunzione del personale dirigenziale disposta da una specifica e differente disciplina presente negli articoli 28, 28-bis e 29 del Dlgs 165/2001, la Corte dei conti della Lombardia ha stabilito (con la delibera 426/2019) che la disciplina di reclutamento dell’articolo 35 si riferisce al personale non dirigenziale.

Il caso riguarda la concessione a un dirigente, da parte della prefettura, di una proroga di un biennio al suo incarico, dopo l’iniziale periodo di tre anni. La prefettura dopo aver concesso la proroga, ha chiesto il visto di legittimità ai giudici contabili della Lombardia, che chiesero le motivazioni di tale decisione. La Prefettura ha affermato quindi di seguire le disposizioni dell’articolo 35, comma 5-bis, Dlgs 165/2001, in cui viene previsto l’obbligo del vincolo di permanenza per un quinquennio nella sede di prima assegnazione di un dirigente.

I giudici contabili hanno dichiarato che l’articolo 19 del Dlgs 165/2001, riguardanti il rinnovo degli incarichi dirigenziali, prevedono che “l’amministrazione rende conoscibili il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta, acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta”. Nella stessa normativa si parla anche di una durata minima di tre e massimo di cinque anni per la durata degli incarichi. Inoltre, la Corte dei Conti lombarda ha sottolineato che si deve coordinare la normativa con le disposizioni della legge anticorruzione (legge 190/2012), ed in particolare con la rotazione degli incarichi, che ha mostrato come una prolungata permanenza dei dirigenti pubblici negli incarichi ottenuti crei un certo disfavore. La valutazione risponde anche al principio di trasparenza e di neutralità nell’assegnazione delle funzioni e allo stesso interesse dei singoli candidati.

Riguardo la disposizione legislativa che prevede una permanenza di almeno 5 anni, portata dalla Prefettura, i giudici contabili hanno specificato che non si tratta di un dovere applicabile agli incarichi dirigenziali, che si tratti di un primo o successivo conferimento dello stesso. L’estensione della disposizione normativa (come presupposta dalla Prefettura) verso gli incarichi dei dirigenti porterebbe ad uno svilimento della portata della disciplina portata con l’articolo 19, Dlgs 165/2001. Permettere il rinnovamento biennale di un incarico dirigenziale durato tre anni, estendendo l’articolo 35, comma 5-bis, Dlgs 165/2001, porterebbe ad una discrepanza con la contrattazione collettiva e alla disciplina giuridica degli incarichi dirigenziali, prevista proprio dal dal Dlgs 165/2001. Si tratta quindi di una norma non estendibile al personale dirigenziale.

Bisogna però fare attenzione, perché tale riferimento, seppur in sostanza identico alla normativa del testo unico del pubblico impiego, è stato disciplinato dall’articolo 3, DL 90/2014, e poi modificato dal DL 4/2019, portando la conclusione dei giudici lombardi di non certa estensione agli enti locali.


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