La Rivista del Sindaco


Permesso di costruire conseguito sulla base di false rappresentazioni dei fatti

Indicazioni su come procedere per l'annullamento
Approfondimenti
di Petrulli Mario
16 Ottobre 2024

 

La circostanza che un permesso di costruire sia stato conseguito sulla base di false rappresentazioni dei fatti comporta una serie importante di valutazioni e comportamenti da parte dell’ufficio tecnico comunale, una volta avvedutosi dell’accaduto.
Volendo semplificare, quattro sono gli aspetti su cui focalizzare l’attenzione: 

  1. il tempo, 
  2. la “qualità” delle false rappresentazioni,
  3. la motivazione che deve supportare il provvedimento di annullamento,
  4. la necessità o meno della comunicazione di avvio del procedimento.

 

Il primo aspetto: il tempo

 

Se la regola generale contenuta nell’art. 21-nonies, comma 1, della Legge n. 241/1990 prevede l’annullamento entro un termine ragionevole, comunque non superiore ai 12 mesi, per quanto concerne l’ipotesi che stiamo esaminando tale termine non vale e, quindi, i permessi possono essere annullati anche dopo i 12 mesi dall’adozione (in tal senso, cfr. il comma 2 del citato art. 21-nonies).

 

Il secondo aspetto: la “qualità” della falsa rappresentazione dei fatti

 

L’espressione “false rappresentazioni” ha un contenuto ampio nel quale sicuramente rientra la descrizione dello stato dei luoghi ove si va ad inserire un intervento edilizio (1); ad esempio, si ha falsa rappresentazione quando si dichiarano come conformi alla normativa urbanistico-edilizia dei locali che, in realtà, mancano di tale conformità (2) o si dichiara che il fabbricato presenta le tamponature ma, in realtà, ne è privo (3). Si ha falsa rappresentazione anche se si omette di indicare la distanza dall’autostrada all’interno delle tavole progettuali e si dichiara la piena conformità del progetto alla disciplina urbanistico-edilizia vigente (4).

Secondo la giurisprudenza, tuttavia, la rappresentazione di fatti divergente dalla realtà

  • deve essere tale per cui l’ufficio non possa avvedersi nel corso di un’ordinaria istruttoria e che disveli, pertanto, un intento fraudolento o malizioso del richiedente, come tale non meritevole di tutela (5);
  • si configura quando l'erroneità dei presupposti del provvedimento non è imputabile (neppure a titolo di colpa concorrente) all'Amministrazione, ma esclusivamente al dolo (equiparabile alla colpa grave) del privato, dato che anche sul cittadino incombe pur sempre un obbligo di comportamento corretto e in buona fede in adempimento dei doveri di solidarietà imposti dall' art. 2 Cost. (6).

Detto altrimenti, non vi è una falsa rappresentazione se l’ufficio, in occasione della necessaria istruttoria propedeutica al rilascio del titolo, può facilmente accorgersi della inesattezza. 

Del resto, il compito cui ordinariamente l’Amministrazione era (ed è) tenuta, era (ed è) proprio quello di verificare se, a fronte di un’istanza del privato, sussistono i presupposti di fatto e di legge per il suo accoglimento (a prescindere, come ovvio, dal fatto che il privato prospetti come fondata la propria pretesa): a diversamente opinare, e volendo, cioè, ritenere che sia sufficiente per indurre l’Amministrazione in un errore rilevante l’affermazione del privato di aver titolo a quanto richiesto, si svuoterebbe di ogni contenuto l’obbligo di verifica, controllo e valutazione cui l’ente è chiamato nello svolgimento dell’attività istruttoria in materia edilizio-urbanistica.

Si pensi, ad esempio, all’errata indicazione, da parte del privato, della destinazione urbanistica di una particella: poiché l’esatta destinazione di una particella del territorio comunale è un dato che l’ufficio tecnico può conoscere facilmente, tale errata rappresentazione non può considerarsi una falsa rappresentazione (7).

Infine, la falsa rappresentazione non richiede un accertamento del giudice penale né una sentenza passata in giudicato ma solo un apprezzamento e un accertamento dell’ufficio tecnico comunale con i propri mezzi (8).

 

Il terzo aspetto: la motivazione

 

In merito alla motivazione dell’annullamento dinanzi a false rappresentazioni, secondo la giurisprudenza (9), in presenza di una falsa rappresentazione del privato, la P.A. può esercitare il proprio potere di intervento tardivo senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse: non esiste, infatti, l’esigenza di tutelare l’affidamento di chi abbia ottenuto un titolo edilizio - anche in sanatoria – rappresentando elementi non veritieri, e ciò anche qualora intercorra un considerevole lasso di tempo fra l’abuso e l’intervento repressivo dell’amministrazione. L’oggettiva falsità della prospettazione dei fatti rilevanti e la sua incidenza ai fini dell’adozione dell’atto illegittimo non consentiranno di configurare una posizione di affidamento legittimo, non sussistendo un interesse privato meritevole di tutela da porre in comparazione con quello pubblico (comunque sussistente) al ripristino della legalità violata (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sent. n. 8 del 17 ottobre 2017), con la conseguenza che l'onere motivazionale gravante sull'amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte (10).

Di conseguenza, non serve alcuna valutazione dell’interesse del privato e di eventuali controinteressati, come, invece, richiesto nei casi “classici” di annullamento di un provvedimento ex art. 21-nonies, comma 1, della Legge n. 241/1990 (11).

 

Il quarto aspetto: la comunicazione di avvio del procedimento

 

È noto l’orientamento giurisprudenziale (12) secondo cui non è dovuta la comunicazione di avvio del procedimento (art. 7 della Legge n. 241/1990) prima di procedere all’annullamento del titolo dinanzi a false rappresentazioni, considerato che non sussiste alcun affidamento in capo al privato in questi casi. Tuttavia, poiché, come abbiamo visto, non sempre è agevole individuare il limite delle false rappresentazioni, consigliamo, soprattutto nei casi più complessi, di procedere comunque con la comunicazione in discorso e decidere definitivamente in merito all’annullamento solo dopo che è spirato il termine concesso al privato per la presentazione di osservazioni/documenti ed averli valutati, ove pervenuti.

 

Un caso concreto emblematico di “non falsa rappresentazione”

 

Se la rappresentazione non è errata ma l’ufficio non si accorge dei profili di irregolarità e/o illegittimità, allora non è invocabile la norma che consente di annullare il titolo edilizio oltre i 12 mesi dall’adozione: è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. II, nella sent. 13 giugno 2024, n. 5309.

Nel caso specifico, erano state presentate un’istanza per il rilascio di titolo edilizio e una richiesta di autorizzazione di occupazione di suolo pubblico per la collocazione di alcune tende al servizio di un’attività di ristorazione in cui, fra le altre cose: 

  • venivano espressamente rappresentati sia i due ingressi ai locali allora di proprietà comunale sia la area prospiciente il ristorante destinata al pubblico esercizio;
  • si deduceva che la facciata dell’immobile dove erano da collocarsi le tende era di proprietà comunale.

L’ufficio provvedeva al rilascio di entrambi i titoli (quello edilizio e quello di occupazione di suolo pubblico), non avvedendosi che il progetto era in contrasto con i regolamenti comunali in materia di colore e di arredi urbani. A distanza di alcuni anni, resosi conto di ciò e che l’area interessata era parzialmente di proprietà comunale, annullava il permesso di costruire, ordinando al contempo la rimozione delle tende.

Secondo i giudici di Palazzo Spada, nel caso di specie, risultava assente il presupposto della falsa rappresentazione della realtà, in quanto dal progetto allegato alla istanza di permesso di costruire emergeva chiaramente che le tende sarebbero state collocate in parte anche sui portoncini di ingresso dei locali allora di proprietà comunale (in particolare, delle tre tende, una risultava interamente collocata su uno dei portoncini di ingresso, mentre un’altra copriva quasi integralmente l’altro portoncino).

L’Amministrazione, quindi, non poteva essere tratta in errore dalla documentazione presentata, essendo assolutamente evidente che le tende (in contrasto con i regolamenti) avrebbero occupato anche la area della facciata sovrastante i portoncini di ingresso di immobili (al tempo, di sua proprietà), con la conseguenza che non poteva essere indotta in errore neppure sulla eventuale unica proprietà degli immobili o sulla adesione del proprietario.

Per le medesime ragioni, non poteva trarre in errore l’ufficio neppure l’indicazione dell’”area interessata dal pubblico esercizio” in “pianta”, in quanto l’Amministrazione doveva essere a conoscenza del tipo di occupazione di suolo pubblico che era stata assentita.

Ne deriva che il Comune non avrebbe potuto procedere in autotutela al di fuori del termine di 12 mesi previsto dalla Legge n. 241/1990.


(1) Consiglio di Stato, sez. II, sent. 2 novembre 2023, n. 9415.
(2) TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 12 giugno 2023, n. 422; TAR Sicilia, Palermo, sez. II, sent. 15 aprile 2021, n. 1248.
(3) Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 12 ottobre 2024, n. 1394.
(4) TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 20 maggio 2024, n. 3253.
(5) TAR Veneto, sez. II, sent. 31 gennaio 2024, n. 182.
(6) TAR Veneto, sez. I, sent. 8 aprile 2022, n. 539; TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 17 marzo 2023, n. 1709; TAR Marche, sez. I, sent. 16 marzo 2022, n. 166.
(7) TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 17 marzo 2023, n. 1709.
Segnaliamo che il TAR Marche, sez. I, nella sent. 22 aprile 2023, n. 265, si è occupato di un caso in cui il progettista del privato, nel presentare il progetto per un nuovo intervento edilizio su un immobile esistente, aveva riportato alcuni dati relativi alla cubatura basandosi su calcoli già in passato sottoposti all’attenzione dell’ufficio tecnico per il rilascio di altri titoli edilizi relativi al medesimo immobile e sui quali l’ufficio nulla aveva eccepito in termini di erroneità; secondo i giudici, in tale circostanza c’era la buona fede del privato e non il dolo o colpa grave e, quindi, non poteva individuarsi alcuna falsa rappresentazione.
Un altro caso è stato oggetto di valutazione da parte del TAR Sicilia, Palermo, sez. III, nella sent. 27 dicembre 2023, n. 3863. Un condominio aveva presentato una SCIA per la collocazione di un cancello e di una recinzione che delimitano l’accesso all’area condominiale, qualificandosi come possessore e non proprietario dell’area. A distanza di cinque anni l’ufficio tecnico comunale adottava un provvedimento di annullamento della SCIA per assenza del titolo di legittimazione, non essendo stata dimostrata la titolarità, sotto l’aspetto del diritto di proprietà, dell’area oggetto dell’intervento.
Secondo i giudici palermitani, nel caso specifico non poteva riscontrarsi alcuna falsa rappresentazione idonea a consentire l’annullamento oltre il termine di 12 mesi previsto dall’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990. Ed infatti, l’ufficio tecnico comunale, tramite la SCIA, era stato portato a conoscenza dell’esistenza di un rapporto possessorio (e non di proprietà) intercorrente tra il condominio ed il bene; era stato, pertanto, messo nelle condizioni di vagliare l’idoneità del mero possesso alla realizzazione della recinzione: ove l’ufficio avesse ritenuto insufficiente tale rapporto con la cosa ai fini della realizzazione della recinzione, avrebbe dovuto rilevarlo nel termine di legge, esercitando il potere inibitorio da questa attribuitogli; non poteva, com’è invece era avvenuto, attivarsi, a distanza di anni, per eccepire l’assenza in capo al condominio di un titolo valido per la realizzazione delle opere, in esito ad una (tardiva) valutazione degli elementi correttamente offerti dal condominio. 
Inoltre, nel caso specifico, il condominio che aveva dichiarato di essere possessore – così denunciando in chiari termini la propria qualità – al contempo, contrassegnando la relativa casella del modulo prestampato, aveva dichiarato di avere titolarità esclusiva alla realizzazione dell’intervento. È evidente come la portata di tale ultima dichiarazione (resa mediante apposizione di crocesegno sulla relativa casella) doveva essere letta unitamente alla qualità di mero “possessore”, che il condominio aveva dichiarato di avere mediante compilazione dell’apposito spazio; ciò che deve indurre, per un verso, ad escludere l’intento di trarre in inganno l’amministrazione e, per altro verso, a ritenere che quest’ultima disponeva degli elementi conoscitivi necessari a valutare la sussistenza della legittimazione all’intervento.
(8) Consiglio di Stato, sez. V, sent. 27 giugno 2024, n. 5703; sez. IV, sent. 18 marzo 2021, n. 2329; TAR Lombardia, Milano, sez. IV, sent. n. 21 marzo 2023, n. 719; TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 23 gennaio 2020, n. 316; sez. II, sent. 6 maggio 2024, n. 2941.
(9) TAR Lombardia, Milano, sez. IV, sent. n. 21 marzo 2023, n. 719; TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 23 gennaio 2020, n. 316; TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 5 dicembre 2019, n. 1929.
(10) TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 18 febbraio 2020, n. 774.
(11) Consiglio di Stato, sez. II, sent. 2 novembre 2023 n. 9415.
(12) Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 14 giugno 2017, n. 2885; sez. V, sent. 3 maggio 2019, n. 2872.


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