L’ordinamento dello Stato Civile, D.P.R. n.396/2000, all’art.7 prevede: “Nel caso in cui l’Ufficiale dello stato civile rifiuti l’adempimento di un atto, da chiunque richiesto, deve indicare per iscritto al richiedente il motivo del rifiuto”. Questo articolo va letto insieme all’art.95, punto 1 D.P.R. n.396/2000 che espressamente specifica che “(omissis) chi intende opporsi ad un rifiuto dell’Ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento, deve proporre ricorso al tribunale nel cui circondario si trova l’ufficio dello stato civile presso il quale è registrato l’atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che sia eseguito l’adempimento”.
Un provvedimento amministrativo con caratteristiche particolari
Partendo dalla lettura della normativa ricaviamo già due principi molto importanti che definiscono il provvedimento di rifiuto.
Il primo principio riguarda l’Ufficiale dello stato civile che ha il potere/dovere di opporsi ad una richiesta non pertinente o, addirittura, illegittima e di tale rifiuto rilascia un provvedimento scritto per permettere al richiedente di contestarlo in sede giudiziaria. Il secondo principio riguarda, invece, la natura “speciale” del rifiuto che non è contestabile in sede amministrativa.
A tal ultimo proposito, infatti, occorre sottolineare che, se per i principi generali del diritto amministrativo i provvedimenti amministrativi possono essere impugnati da parte dell’interessato davanti all’organo gerarchicamente sovraordinato rispetto a quello che ha emanato il provvedimento e la decisione del ricorso è, poi, nuovamente ricorribile o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica o per via giurisdizionale al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), tutto questo non è applicabile al provvedimento del rifiuto dell’Ufficiale dello Stato Civile. La normativa dello Stato Civile, infatti, è una normativa speciale che deroga alle regole generali.
L’attività vincolata dell'ufficiale dello stato civile
L’Ufficiale dello stato civile, d’altronde, è una figura istituzionale che svolge un compito estremamente delicato che inizia con la creazione dell’atto di nascita che conferisce ai singoli individui un’identità giuridica e continua per tutta la vita delle persone, aggiornando, custodendo ed anche collaborando a modificare gli status dei cittadini, ma non ha potere discrezionale. La sua complessa attività è, infatti, vincolata alle leggi (nazionali e sovranazionali) e alle disposizioni del Ministero dell’Interno (art.9 D.P.R. n.396/2000).
In questo senso si è espressa più volte anche la giurisprudenza. Per esempio la sentenza n.11696/2018 della Corte di Cassazione: “(omissis) funzione certificativa a carattere dichiarativo del tutto priva di discrezionalità amministrativa, in quanto regolata esclusivamente da norme legislative o regolamentari che ne pongono in luce la vincolatività. Il potere di rifiuto della trascrizione dell’atto, se contrario all’ordine pubblico, si colloca all’interno dell’esercizio di una funzione amministrativa vincolata dal momento che il parametro alla luce del quale verificare la coerenza o la non conformità a tale canone deriva da un complesso tessuto costituzionale, convenzionale e legislativo e più specificamente, per gli ufficiali di stato civile, dalle prescrizioni, per essi cogenti, contenute nelle circolari del Ministero degli Interni al riguardo. L’ulteriore indice della natura vincolata della funzione svolta e della correlata situazione di diritto soggettivo del richiedente la trascrizione si può cogliere nella giurisdizione del giudice ordinario e nell’articolazione del rapporto tra organo giudicante e ufficiale dello stato civile cosi come previsto dalla norma”.
Il rifiuto come atto di tutela per il cittadino e per l'ufficiale
Il rifiuto ex art.7 è, dunque, un atto dovuto. Con il rifiuto, ci troviamo di fronte ad un provvedimento amministrativo che da un lato tutela la posizione del richiedente un’attività all’Ufficiale dello Stato Civile (ricevere una dichiarazione, trascrivere un atto, inserire un’annotazione o un qualsiasi altro adempimento attinente alla sua attività) con la sottoscrizione di un provvedimento che giustifica il mancato accoglimento della richiesta ed è ricorribile, ma, dall’altro, tutela la posizione dell’Ufficiale dello Stato Civile che può giustificare il suo operato come un comportamento legittimo e come un’attività non omissiva, ma piuttosto a tutela delle disposizioni dell’ordinamento italiano. Con tale attività l’Ufficiale dello Stato Civile si preserva dalla contestazione dell’omissione di atti d’ufficio, attività sanzionata a norma dell’art.328 Codice Penale.
Il preavviso del rigetto
Prima dell’emissione del provvedimento di rifiuto, l’Ufficiale dello stato civile può emettere un altro provvedimento: il preavviso di rigetto.
La Legge n.15/2005 ha introdotto questo istituto inserendo l’art.10 bis Legge n.241/1990 in relazione ai procedimenti amministrativi ad istanza di parte: “Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti”.
Il preavviso di rigetto (il cui nome corretto è preavviso di diniego) è stato introdotto nei procedimenti amministrativi ad istanza di parte per diminuire il contenzioso tra i cittadini e la pubblica amministrazione, permettendo l’esercizio di un diritto riconosciuto all’istante di intervenire in fase procedimentale presentando controdeduzioni ed eventuale nuova documentazione.
Dunque con il preavviso di rigetto si predispone un atto avente natura endoprocedimentale, adottato al termine dell’attività istruttoria, non impugnabile perché non immediatamente lesivo.
Grazie al preavviso di rigetto, l’istante può esercitare un diritto effettivo di contraddittorio in sede amministrativa, che può evitare il contenzioso in sede giudiziale.
La predisposizione del preavviso di rigetto è possibile ogni volta che la P.A. ritenga di dover adottare un provvedimento di rigetto relativo ad un’istanza e si concretizza nell’invio di una comunicazione nella quale anticipa la motivazione che impedisce l’accoglimento dell’istanza presentata.
La motivazione deve essere argomentata con riferimenti normativi ed indicazioni oggettive facenti riferimento alla pratica in esame.
L’istante avrà 10 giorni di tempo dal ricevimento della comunicazione per produrre le proprie controdeduzioni eventualmente corredate da documenti.
Il rifiuto dopo il preavviso di rigetto
Nel caso si ritenga di dover persistere nel diniego anche dopo la redazione di un preavviso di rigetto, nel provvedimento finale si darà conto anche del comportamento dell’istante (esempio: non ha prodotto alcuna controdeduzione, ha prodotto argomentazioni giuridicamente non rilevanti in quanto …, etc.).
Nella compilazione del provvedimento di rigetto si dovranno riproporre le motivazioni indicate nel preavviso integrate dalle osservazioni sulle eventuali controdeduzioni prodotte: non devono comparire motivazioni diverse. L’incompletezza della comunicazione di preavviso di rigetto e quindi la mancata corrispondenza delle motivazioni finali con quelle del preavviso può condurre all’illegittimità del provvedimento finale.
La redazione del rifiuto
Passiamo adesso ad esaminare come va costruito un rifiuto.
La prima cosa da tener presente è che il rifiuto è un provvedimento di natura difensiva che tutela la legalità dell’azione amministrativa, giustificando il corretto operato dell’Ufficiale dello stato civile.
In quanto provvedimento lo possiamo pensare come strutturato in una parte narrativa dei fatti, una parte con i riferimenti normativi coinvolti nella procedura richiesta e rifiutata ed infine nella parte che motiva il rifiuto.
Come ogni provvedimento inizia indicando quale autorità lo emette:
L’UFFICIALE DELLO STATO CIVILE
Segue: la prima parte con la narrazione della richiesta che viene presentata da parte del cittadino.
Facciamo un esempio: un padre che vuole fare un riconoscimento successivo del figlio minore di 14 anni, ma non ha il consenso della madre. Diremo: in data odierna si è presentato presso questo ufficio dello stato civile del comune di X il signor VZ chiedendo di poter procedere con il riconoscimento successivo, senza il consenso della madre, di AB nato in questo comune il 01.01.2025.
Nella seconda parte si elencano i riferimenti normativi.
Nell’esempio precedente l’art.250 Codice Civile (ove la complessità della questione lo richiedesse, si possono aggiungere riferimenti ad orientamenti dottrinali e/o giudicati giurisprudenziali).
Segue la frase: Per quanto in premessa, ai sensi dell’art.7 D.P.R. n.396/2000
RIFIUTA
da qui inizia la terza parte: le motivazioni del rifiuto.
Nel caso che abbiamo preso ad esempio si potrebbe formulare dopo la parola “rifiuta” qualcosa del tipo: “di procedere con la redazione dell’atto con la dichiarazione di riconoscimento successivo del suddetto minore da parte del padre in quanto incompatibile con l’ordinamento italiano (art.250 Codice Civile) perché la madre non ha dato il proprio consenso al riconoscimento.”
Prima di concludere si fa riferimento all’art.95 D.P.R. n.396/2000 per il ricorso.
Il ricorso in tribunale
Il cittadino che ottiene un rifiuto dall’Ufficiale dello stato civile può presentare ricorso, che il Tribunale territorialmente competente deciderà in camera di consiglio con decreto motivato.
Il Tribunale, per arrivare alla formulazione del decreto, può assumere informazioni ed acquisire documenti e anche sentire l’Ufficiale di stato civile; deve, inoltre, sentire il Procuratore della Repubblica e gli interessati. Se ne ricorre il caso il Tribunale richiede il parere del giudice tutelare.
Nel termine perentorio di 10 giorni dalla comunicazione o dalla notifica del decreto del Tribunale è possibile il ricorso alla Corte d’Appello.
È importante ricordare che il Legislatore ha introdotto nell’ordinamento dello Stato Civile l’obbligo per l’Ufficiale dello stato civile di attivarsi con la richiesta del decreto, quando il Tribunale non abbia provveduto a trasmetterlo e gli viene richiesto anche verbalmente da un interessato (art. 101 D.P.R. n.396/2000 Trasmissione di atti: “Il cancelliere trasmette d’ufficio, per l’esecuzione, all’ufficiale di stato civile copia dei decreti emessi a norma degli articoli 96, comma 3, e 98, comma 3. Altrimenti gli atti suddetti sono acquisiti dall’ufficiale di stato civile su richiesta anche verbale di chiunque ne ha interesse”).
Con il decreto il Tribunale può ordinare all’Ufficiale dello Stato Civile la redazione dell’atto rifiutato.
È corretto concludere l’argomento del rifiuto sottolineando che l’accoglimento del ricorso del cittadino da parte del Tribunale non significa necessariamente che il Magistrato ritenga errato il comportamento dell’Ufficiale. Infatti la Magistratura, a differenza degli Ufficiali dello stato civile, ha la facoltà di valutare discrezionalmente circostanze dichiarate e documenti prodotti dal cittadino e di conseguenza ha il potere di arrivare a riconoscerne una pretesa non riconoscibile in via amministrativa.
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