La Rivista del Sindaco


Ancora sull’omologazione: dietrofront o congettura?

Analisi dell’ordinanza 5/2/2025 n. 2857, seconda sezione civile della Corte di Cassazione
Approfondimenti
di Piccioni Fabio
11 Febbraio 2025

 

L’ordinanza 5/2/2025 n. 2857, della seconda sezione civile della Corte di Cassazione, lascia un fondato dubbio sull’evoluzione dell’interpretazione ermeneutica a fronte della precedente giurisprudenza.

Si ricorderà, infatti, che con la famosa ordinanza 18/4/2024 n. 10505, il Giudice di legittimità aveva affermato che: 
l’omologazione ministeriale autorizza la riproduzione in serie di un apparecchio testato in laboratorio, con attribuzione della competenza al Ministero per lo sviluppo economico, nel mentre l’approvazione consiste in un procedimento che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o con particolari prescrizioni previste dal regolamento.
L’omologazione, quindi, consiste in una procedura che - pur essendo amministrativa (come l’approvazione) - ha anche natura necessariamente tecnica e tale specifica connotazione risulta finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico da utilizzare per l’attività di accertamento.

 
Successivamente, con le ulteriori ordinanze 24/7/2024 n. 20492 e 26/7/2024 n. 20913, la Suprema Corte ha confermato che: 

è illegittimo l'accertamento eseguito con apparecchio autovelox approvato ma non debitamente omologato, poiché la preventiva approvazione dello strumento di rilevazione elettronica della velocità non è equipollente giuridicamente all'omologazione ministeriale prescritta dall'art. 142 co. 6 d.lgs. 285/1992. Si tratta infatti - ex artt. 142 co. 6 d.lgs. 285/1992 c.d.s. e 192 d.p.r. 495/1992 (regolamento di esecuzione del c.d.s.) - di procedimenti strutturalmente e funzionalmente diversi.


Il caso

La Polizia Stradale rilevato, tramite postazione mobile di controllo, il superamento di oltre 60 Km/h del limite massimo di velocità imposto sulla strada percorsa, contestava la violazione dell’art. 142 c. 9-bis C.d.S., con applicazione della sanzione pecuniaria pari a euro 1658, ritiro della patente, cui seguiva l’ordinanza di sospensione prefettizia per 6 mesi, e decurtazione di 10 punti.  

Il destinatario della contestazione proponeva opposizione. 

Il Giudice di Pace rigettava il ricorso. 

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’appello, rigettava il gravame.  

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il conducente, lamentando una serie di motivi concernenti violazione di norme di diritto, oltre che nullità del procedimento d’appello e della sentenza impugnata.  

 
La motivazione della Cassazione

La II sezione, ritenuti tutti i motivi infondati, ha replicato in relazione a ogni singola censura, che risulta meritevole di essere analizzata.

Sulla questione concernente l’invalidità della costituzione della Prefettura nel giudizio di primo grado avvenuta mediante l’invio di una pec contenente una memoria di costituzione, ricorda che nel procedimento di opposizione dinanzi al giudice di pace è ammissibile l'uso della posta elettronica certificata per l'invio degli atti relativi alla costituzione della pubblica amministrazione, trattandosi di una delle ipotesi speciali in deroga al principio generale che considera irrituale, in quanto non previsto dalla legge, il deposito dell'atto non effettuato di persona.

D’altronde - come affermato dalle Sezioni Unite con sentenza 5160/2009 - dal principio di libertà delle forme deriva che tutte le forme degli atti del processo sono previste non per la realizzazione di un fine proprio e autonomo, ma allo scopo del raggiungimento di un certo risultato, con la conseguenza che l'eventuale inosservanza della prescrizione formale è irrilevante se l'atto viziato raggiunge ugualmente lo scopo cui era destinato. Ne deriva, pertanto, la sanatoria del vizio ex art. 156 c. 3, c.p.c. 

In ordine alla doglianza relativa al tardivo deposito della documentazione, l'art. 7 c. 7 D.Lgs. 150/2001 non prevede la perentorietà del termine per il deposito della documentazione che attiene all'accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione, con la conseguenza che la documentazione prodotta risulta utilizzabile in giudizio.

Quanto all'eccepita mancanza di omologazione, in relazione agli artt. 45, 142 c. 6 C.d.S. e 192 Reg. Es., rileva l’intervenuta verifica della sussistenza delle necessarie autorizzazioni ministeriali e della corretta taratura dell'apparecchio di rilevazione elettronica, oltre che il suo regolare funzionamento; l'opponente, invece, non ha dimostrato che nessuna delle autorizzazioni non si riferisse anche all'omologazione, rilevandosi, altresì, che già il giudice di pace aveva accertato l'avvenuta omologazione.

In relazione alla circostanza che sia stata ritenuta sufficiente la certificazione di taratura originaria, omettendo di verificare le periodiche verifiche di funzionalità, osserva che il certificato acquisito comprova la sottoposizione dell’apparecchio alla taratura entro l'anno rispetto alla data dell'accertamento.

Circa la contestazione della validità della segnalazione della postazione mobile di controllo della velocità con un cartello fisso, ricorda che nessuna disposizione impone che la postazione mobile debba essere preannunciata dall'apposizione di cartelli mobili. La funzione di avviso dell'utenza è adeguatamente assicurata da qualsiasi cartello di avviso, indipendentemente dalla sua natura fissa o mobile, senza che rilevi il tipo di postazione di controllo, permanente o temporanea. Risulta, infatti, sufficiente, per la regolare rilevazione della velocità, che le postazioni siano preventivamente segnalate e che siano ben visibili.

In conclusione, la Corte ha rigettato il ricorso.


Osservazioni

Revirement, o congettura, allora. 
Il ricorrente aveva, tra l’altro, censurato che il Giudice di merito avesse confuso l'autorizzazione ministeriale, ex art. 192 c. 3 Reg., con l'omologazione prevista dall'art. 142 c. 6 C.d.S., disciplinata dall'art. 192 c. 2 Reg., necessaria a pena d'invalidità dell'accertamento e degli atti consequenziali, anche qualora il dispositivo sia stato approvato e/o autorizzato.

Poiché, come noto, i dispositivi di rilevazione della velocità non risultano omologabili in quanto non è mai stato adottato lo specifico disciplinare tecnico di riferimento che ne definisca requisiti e caratteristiche, resta da comprendere la portata dell’inciso motivazionale a tenore del quale “il giudice di pace aveva accertato l'avvenuta omologazione”.

Infatti, non risulta possibile aver accertato l’omologazione di un dispositivo rispetto a qualcosa che non c’è.    


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