La Rivista del Sindaco


Riconosciuto il diritto all’esenzione IMU per ciascuna abitazione principale di persone sposate o in unione civile

Le decisioni della Corte costituzionale n. 209/2022
Approfondimenti
di Gavioli Federico
21 Ottobre 2022


La Corte costituzionale si è pronunciata, con la sentenza n. 209, del 13 ottobre 2022, sull’IMU e sul concetto di nucleo familiare. Ai fini dell'esenzione IMU, per “abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”.  L’esenzione compete al verificarsi di due condizioni:

  • dimora abituale,
  • residenza anagrafica.

È compito dei singoli enti locali accertare che siano rispettate le condizioni per consentire di beneficiare dell’esenzione IMU, mentre sono illegittime le norme che penalizzano il nucleo familiare e che contrastano quindi con i principi stabiliti dalla Costituzione.

Il verdetto
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di qualsiasi disposizione di legge (o anche di regolamento comunale) che condizioni l’esenzione IMU dell’abitazione alla convivenza con l’altro coniuge.

IMU e prima casa: cenni
L’IMU per l’abitazione principale non è dovuta. Sono assoggettate all’imposta esclusivamente le abitazioni classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (c.d. di lusso).
L’abitazione principale è definita come l’unità immobiliare in cui il soggetto passivo e i componenti del suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente.
Sono assoggettate al regime IMU dell’abitazione principale le pertinenze della stessa classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna di tali categorie, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso.
Sono assimilate per legge all’abitazione principale le seguenti fattispecie: 

  • le unità immobiliari, appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;
  • le unità immobiliari, appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in assenza di residenza anagrafica;
  • i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali, come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, adibiti ad abitazione principale;
  • la casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell'applicazione dell'imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso;
  • un solo immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto e non concesso in locazione dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e, fatto salvo quanto previsto dall'art. 28, comma 1, del D.Lgs. 19 maggio 2000, n. 139, dal personale appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica.

A decorrere dall’anno 2020, non è più assimilata all’abitazione principale, invece, l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza.
Ferme restando le sopra indicate ipotesi di assimilazione all’abitazione principale, che sono stabilite dalla legge e non possono essere in alcun modo modificate dal comune, quest’ultimo ha la facoltà di prevedere, con proprio atto regolamentare, l’assimilazione ad abitazione principale dell'unità immobiliare posseduta da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata; in caso di più unità immobiliari, l’assimilazione può essere applicata ad una sola di esse.
In merito, si precisa che il comune ha esclusivamente la facoltà di introdurre o meno l’assimilazione dell’immobile posseduto da anziani o disabili e non può, quindi, qualora decida di prevederla, restringerne il campo di applicazione stabilendo requisiti ulteriori, come, ad esempio, quello secondo cui l’abitazione, oltre a non essere locata, non deve essere nemmeno occupata ad altro titolo.

I mancati riferimenti al concetto di nucleo familiare nella disciplina IMU
Il riferimento al nucleo familiare non era presente nell’originaria disciplina dell’IMU (istituita dall’art. 8 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, recante «Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale»), che subordinava il riconoscimento dell’esenzione per l’abitazione principale alla sussistenza del solo requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale del possessore dell’immobile: a questi veniva riconosciuto il diritto all’esenzione in termini oggettivi, del tutto a prescindere dal suo status soggettivo di coniugato. Ciò che rilevava, ai fini della identificazione della abitazione principale, era, infatti, che egli si trovasse a risiedere e dimorare abitualmente in un determinato immobile.
Il riferimento al nucleo familiare nemmeno figurava nella successiva formulazione, con la quale “è stata disposta l’anticipazione dell’introduzione dell’IMU al 2012” (Corte Cost., sentenza n. 262 del 2020), ovvero l’art. 13, comma 2, del D.L. n. 201/2011, come convertito, dove l’agevolazione – consistente non più in un’esenzione, ma in una riduzione dell’aliquota – era riconosciuta, anche in questo caso, per l’immobile nel quale “il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”.
Pertanto, sino a quel momento, se due persone unite in matrimonio avevano residenze e dimore abituali differenti, a ciascuna spettava l’agevolazione per l’abitazione principale.
Solo con l’art. 4, comma 5, lettera a), del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, il legislatore è intervenuto su diversi aspetti della disciplina dell’IMU modificando la definizione di abitazione principale, introducendo, in particolare, il riferimento al nucleo familiare, ai fini di individuare l’immobile destinatario dell’agevolazione.

La giurisprudenza di legittimità sui concetti di “convivenza” e “nucleo familiare”
Sull’argomento del concetto di nucleo familiare è intervenuta la giurisprudenza di legittimità: la Corte di cassazione, infatti, in una prima fase, disattendendo una diversa interpretazione inizialmente proposta dal Ministero dell’economia e delle finanze con la circolare n. 3/DF del 2012 (diretta a riconoscere, nel silenzio della norma, il beneficio per ciascuno degli immobili, ubicati in comuni diversi, adibiti a residenza e dimora), ha ritenuto che  l’agevolazione spettasse per un unico immobile per nucleo familiare, non solo nel caso di immobili siti nel medesimo comune, come del resto espressamente recita il suddetto comma 2, dell’art. 13, ma anche in caso di immobili situati in comuni diversi (situazione non espressamente regolata dalla disposizione in oggetto); ciò a meno che non fosse fornita la prova della rottura dell’unità familiare.
Infatti, solo “la frattura” del rapporto di convivenza comporta “una disgregazione del nucleo familiare e, conseguentemente, l’abitazione principale non potrà essere più identificata con la casa coniugale” (Corte di cassazione, Sez. V, n. 15439/2019, Corte di cassazione, ordinanza n. 17408 del 2021).
La giurisprudenza di legittimità ha poi compiuto un ulteriore passaggio ed è giunta a negare ogni agevolazione ai coniugi che risiedono in comuni diversi, facendo leva sulla necessità della coabitazione abituale dell’intero nucleo familiare nel luogo di residenza anagrafica della casa coniugale (Corte di cassazione, ordinanze n. 4170 e n. 4166 del 2020, poi confermate dall’ordinanza n. 17408 del 2021). Dunque, “nel caso in cui due coniugi non separati legalmente abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, il nucleo familiare (inteso come unità distinta ed autonoma rispetto ai suoi singoli componenti) resta unico, ed unica, pertanto, potrà essere anche l’abitazione principale ad esso riferibile, con la conseguenza che il contribuente, il quale dimori in un immobile di cui sia proprietario (o titolare di altro diritto reale), non avrà alcun diritto all’agevolazione se tale immobile non costituisca anche dimora abituale dei suoi familiari, non realizzandosi in quel luogo il presupposto della “abitazione principale” del suo nucleo familiare” (Corte di cassazione, sezione VI civile, ordinanza 17 gennaio 2022, n. 1199).

L’intervento del legislatore
È in reazione a tale approdo della giurisprudenza di legittimità, giunto quindi a negare ogni esenzione sull’abitazione principale se un componente del nucleo familiare risiede in un comune diverso da quello del possessore dell’immobile, che il legislatore è intervenuto con l’art. 5-decies, comma 1, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146.
La relazione illustrativa all’emendamento governativo che ha introdotto tale disposizione espressamente precisa, infatti, l’intenzione di superare gli ultimi orientamenti della Corte di cassazione (sono citate le ordinanze della Corte di cassazione n. 4170 e n. 4166 del 2020).
L’art. 1, comma 741, lettera b), della legge n. 160 del 2019 è stato pertanto integrato prevedendo che “nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare”.

La pronuncia della Corte Costituzionale sull’anticostituzionalità delle disposizioni  
La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di tale disposizione, ha affermato che va dichiarata l’illegittimità costituzionale, con riguardo alla lettera b), del comma 741, dell’art. 1, della legge n. 160 del 2019, dove, in relazione alla cosiddetta “nuova IMU”, è stato identicamente ribadito che “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile”.
Con riferimento al primo periodo di tale disposizione, la dichiarazione di illegittimità costituzionale in via consequenziale va dichiarata nella parte in cui stabilisce “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”, anziché disporre: “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”.
Afferma la Corte Costituzionale che, con riferimento al secondo periodo, essa investe, invece, l’intera disposizione, poiché deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale in via consequenziale anche dell’ultima formulazione del medesimo comma 741, lettera b), secondo periodo, all’esito delle modifiche apportate con l’art. 5-decies, comma 1, del D.L. n. 146 del 2021, come convertito, che dispone “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare”.
Per la Corte Costituzionale, consentendo alla scelta dei contribuenti l’individuazione dell’unico immobile da esentare, la novella disancora, ancora una volta, la spettanza del beneficio dall’effettività del luogo di dimora abituale, negando così una doppia esenzione per ciascuno degli immobili nei quali i coniugi o i componenti di una unione civile abbiano avuto l’esigenza, in forza delle necessità della vita, di stabilirla, assieme, ovviamente, alla residenza anagrafica.
La Corte chiarisce che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale viste valgono a rimuovere i “vulnera” agli articoli 3, 31 e 53 Cost., imputabili all’attuale disciplina dell’esenzione IMU con riguardo alle abitazioni principali, ma non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le “seconde case” delle coppie unite in matrimonio o in unione civile ne possano usufruire. Ove queste abbiano la stessa dimora abituale (e quindi principale) l’esenzione spetta una sola volta.
Il venir meno di automatismi, ritenuti incompatibili con i suddetti parametri, responsabilizza i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli al riguardo; controlli che la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci.


Articolo di Federico Gavioli


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