Capita a volte alla pubblica amministrazione di far ricorso a istituti giuridici che implicano un ripensamento o la necessità di sciogliere un contratto, come la revoca, l’annullamento, il recesso o la risoluzione.
Sono ipotesi previste dalla legge quadro 241/1990 e dal codice dei contratti pubblici d.lgs. 36/2023. Cerchiamo di evidenziare gli elementi di differenza più salienti, partendo da una recente pronuncia che esamina alcuni di questi istituti (esclusa la risoluzione che pertanto non tratteremo).
Si tratta della sentenza T.A.R. Calabria – Reggio Calabria, Sez. I, sentenza n. 9 del 5-6 febbraio 2025.
Il Caso
Un’impresa aveva partecipato e vinto una gara d’appalto per la realizzazione di un centro comunale di raccolta rifiuti, con successiva stipula del contratto via MEPA. Tuttavia, il Comune non procedeva alla consegna dell’area per l’esecuzione dell’opera. Anzi con propria determinazione (n. 139/2024) revocava in autotutela l’aggiudicazione nonostante avesse già stipulato con la ditta aggiudicataria apposito contratto.
Il provvedimento di revoca veniva impugnato per eccesso di potere per sviamento, violazione dell’art. 123 del Codice dei Contratti pubblici. Deduceva il ricorrente eccesso di potere sostenendo che la revoca fosse stata adottata al solo fine di evitare l'adempimento contrattuale o comunque eludere l'obbligo al pagamento del dovuto per come previsto dalla normativa in materia di recesso nei contratti pubblici. Richiamava a sostegno Consiglio di Stato n. 14 del 2014. Resisteva il Comune con un’eccezione in rito e nel merito invocando plurime criticità che avrebbero reso impossibile l'acquisizione dell'area oggetto di progettazione, con sostanziale inutilità dell'intervento contrattuale e con evidenza di un interesse pubblico concreto a base del ritiro: l’area non era di sua proprietà e mancavano nulla-osta essenziali (vincoli ambientali, sismici, SIC ecc.).
La Decisione
Il Tribunale amministrativo riteneva infondata l’eccezione preliminare. Nel merito, ripercorrendo la genesi delle procedure MEPA, rinveniva che l'Amministrazione comunale resistente avesse inteso contestualmente ritirare in autotutela nel loro complesso gli atti delle due distinte (ma parallele) procedure di gara, ossia quella per i lavori affidati al ricorrente e quella per correlata direzione dei lavori e coordinamento della sicurezza in fase esecutiva, affidata ad altro operatore economico.
Il nomen iuris
Procedeva all’interpretazione giudiziale del provvedimento amministrativo e, in particolare, all'individuazione del potere che con esso l’Amministrazione aveva inteso esercitare, ritenendo non vincolanti “le disposizioni di legge citate, bensì all'apprezzamento complessivo e sistemico del fine perseguito, delle misure che si è inteso adottare, della situazione di fatto su cui si è inteso intervenire". Riteneva pertanto evidente che, a prescindere dal nomen iuris richiamato, il Comune avesse agito in autotutela ritirando la procedura oggetto di controversia per aver rinvenuto la carenza di alcuni presupposti essenziali per il legittimo avvio di essa (per l’appunto l’indisponibilità della proprietà delle aree su cui realizzare il centro di raccolta di rifiuti oggetto dell'affidamento e l’assenza dei pareri prescritti dalla legge, necessari per di più in correlazione ai vincoli esistenti su dette aree). Difettavano, cioè, ab origine i presupposti giuridici perché potesse essere legittimamente bandita la gara oggetto di autotutela.
Revoca o Annullamento in autotutela?
La Decisione richiama “la nota distinzione tra revoca e annullamento in autotutela, nel senso che "Il presupposto dell'annullamento in autotutela ai sensi dell'art. 21 nonies, L. n. 241 del 1990 è rappresentato dall'accertamento, da parte dell'Amministrazione, dell'invalidità del provvedimento di primo grado. La revoca costituisce anch'essa espressione di un potere di riesame ad effetti eliminatori ma presuppone un vizio di merito, ossia una ragione di opportunità, non sindacabile in sede giudiziale" (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 3.4.2024, n.6430) […] - ritiene il Collegio che, nei termini ora esposti, il provvedimento impugnato non costituisce dunque esercizio del potere di revoca - tenuto conto che non si indicano circostanze fattuali sopravvenute (essendo la situazione in essere già preesistente) né vengono evidenziati nuovi interessi pubblici ovvero la rivalutazione di un interesse pubblico originariamente considerato e dunque non si opera in termini di opportunità- bensì esercizio del potere di annullamento ai sensi dell'art. 21-nonies della L. n. 241 del 1990, giustificato appunto dalla necessità di rimuovere delle criticità che inficiavano, in termini di legittimità originaria, l'intera procedura di gara”.
Il Recesso
[…] Ricostruito nei termini di cui sopra il potere concretamente esercitato dall'Amministrazione comunale, […] non inficiano l'atto gravato le censure spese dalla ditta ricorrente -l'aver cioè l'amministrazione comunale operato in un momento in cui la revoca in autotutela non era più consentita, dovendosi al più disporre, essendo intervenuto il vincolo contrattuale, il recesso dallo stesso con tutte le conseguenze patrimoniali a ciò conseguenti- potrebbero teoricamente attagliarsi all'esercizio del potere di revoca in autotutela, ma risultano evidentemente fuori fuoco nel momento in cui si ricostruisce il provvedimento in termini di annullamento”.
Il Principio di diritto
“È possibile, in presenza di vizi genetici, l'annullamento dell'aggiudicazione anche in caso di sopravvenuta stipulazione del contratto, diverso essendo l'ambito del recesso di cui all'art. 109 del D.Lgs. n. 50 del 2016, da un lato, e quello dell'annullamento di cui all'art. 21-sexies della L. n. 241 del 1990, d'altro lato, operanti in relazione a fatti sopravvenuti. Non è infatti contestabile, in via generale, il potere di annullamento ex officio, ai sensi di quest'ultima disposizione, dell'aggiudicazione in presenza di un'illegittimità significativa, da ciò derivando la caducazione o privazione degli effetti negoziali del contratto, stante la stretta conseguenzialità tra aggiudicazione e stipulazione del contratto […]”.
“Ad ogni modo la speciale disposizione sul recesso (art. 123 D.Lgs. n. 36 del 2023) invocata da parte ricorrente a sostegno del proprio interesse […], nel prevedere il pagamento all'appaltatore dei lavori eseguiti nonché del valore dei materiali utili esistenti in cantiere nel caso di lavoro "oltre al decimo dell'importo delle opere … non eseguite" […] presuppone che l'attività affidata abbia avuto almeno un principio di esecuzione, circostanza che nel caso di specie pure difetta”.
Dalla pronuncia richiamata sembra utile fare una sintesi dei vari istituti* richiamati in sentenza:
1) ANNULLAMENTO D’UFFICIO - Art. 21-nonies L. 241/1990
Ritiro di un atto per motivi di legittimità.
Presupposti:
DEROGHE
Effetto: opera ex tunc → l’atto si considera come mai esistito.
Competenza: l’organo che ha emanato il provvedimento originario, ovvero ad altro organo previsto dalla legge.
In alternativa, l’ente può al contrario far ricorso alla convalida per ragioni di interesse pubblico entro un termine ragionevole.
2) REVOCA - Art. 21 quinquies della L. 241/1990
Presupposti:
Effetto: opera con efficacia ex nunc e determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Non ha quindi efficacia retroattiva come l’annullamento. Può essere adottato anche in autotutela.
Indennizzo eventuale per pregiudizi in danno degli interessati (tiene conto sia della conoscibilità della contrarietà dell'atto amministrativo all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso all'errata valutazione compiuta - danno emergente).
Competenza: l’organo che ha emanato il provvedimento originario, ovvero ad altro organo in posizione di superiorità gerarchica o previsto dalla legge.
Il procedimento di revoca segue l’iter tipico del procedimento amministrativo di adozione.
3) RECESSO
Norma generale - Art. 21 sexies L. 241/1990:
Sancisce il principio generale secondo cui il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione è ammesso solo nei casi previsti dalla legge o dal contratto stesso.
Norma in materia di appalti - Art. 123 Nuovo Codice Appalti -d.lgs 36/2023:
Secondo Cons. Stato, Sez. V, 13 settembre 2016, n. 3865: “nel procedimento di affidamento di un appalto pubblico se, una volta stipulato il contratto di appalto, le P.A. rinvengano sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione, ma devono esercitare il diritto potestativo (di recesso)” regolato (oggi) dall’art. 123 del codice Appalti.
L’iter per farvi ricorso dalla Stazione Appaltante è:
Pagamento a titolo di indennizzo di:
Competenza: l’organo che lo ha emanato o da altro organo previsto dalla legge.
*Si ringrazia per il confronto costruttivo sugli istituti giuridici il dott. Eugenio De Carlo, consulente di questo Portale.
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