Dopo l’approvazione preliminare in CdM ancora incertezze sui criteri e sul numero delle partecipate
Partecipate, il taglio parte in sordina (di Antonello Cherchi e Gianni Trovati su “Il Sole 24 Ore” del 20 febbraio 2017)
Lo scorso venerdì il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare il decreto correttivo al provvedimento destinato a far ordine - attraverso un sensibile sfoltimento - nella giungla delle società partecipate. La correzione si è resa necessaria a seguito della sentenza (n. 251/2016) della Corte costituzionale che aveva giudicato illegittime le procedure per arrivare all’approvazione del provvedimento attuativo originario (come si ricorderà, al Governo era stato contestato di aver considerato sufficiente l’acquisizione del semplice parere al posto della ritenuta necessaria previa intesa con le Regioni). La discussione su criteri, parametri e deroghe è destinata a continuare, ma intanto, prima ancora che la legge venga finalmente perfezionata e varata, risultano - stando agli ultimi dati forniti dal dipartimento del Tesoro del ministero dell’Economia - ben 1.079 società partecipate in liquidazione, in scioglimento o alle prese con procedure concorsuali. Avrebbero cioè cominciato a dare i primi frutti le norme introdotte negli anni scorsi che hanno imposto agli Enti locali di accantonare in bilancio fondi di garanzia a copertura delle perdite delle società da loro partecipate. Quest’obbligo, che sottrae spazi di spesa corrente, ha rappresentato un disincentivo vero e proprio e, unitamente alle facilitazioni fiscali per le dismissioni, ha cominciato a produrre uno sfoltimento reale nel panorama delle partecipate pubbliche. Le regole del nuovo provvedimento normativo sono ancora in parte da definire. Rispetto al provvedimento originario, sembrerebbe confermato l’obbligo di dismissione per le società con meno di un milione di euro di fatturato medio, unitamente a quello per le società che contano più amministratori che dipendenti. E’ probabile però che gli amministratori locali faranno pressioni per ottenere parametri più flessibili, prima di concedere “l’intesa” al via libera finale. Oltre al problema di capire con quali criteri operare il taglio delle partecipate, c’è però quello di conoscere il numero preciso dei soggetti sui quali agire. Infatti, sebbene da anni si stia cercando di disegnare una mappa il più possibile accurata chiedendo alle amministrazioni di inviare i dati sulle loro partecipazioni, nessuno a tutt’oggi è in grado di fornire un quadro con le esatte dimensioni del fenomeno.
Secondo l’ultima rilevazione disponibile, nel 2014 le società partecipate sono 8.893, con oltre 34mila partecipazioni dirette e più di 48mila indirette. Le partecipate da amministrazioni centrali sono 562, mentre quelle riferibili ad Enti locali 8.386. Questi numeri però si riferirebbero soltanto ad una parte dell’universo partecipate, perché una parte degli interessati non avrebbe risposto al censimento del Tesoro: infatti il numero delle amministrazioni potenzialmente coinvolte è di 10.770, ma soltanto poco più della metà (6.702) ha inviato le informazioni attraverso l’apposito portale. Tra quelle che hanno risposto, 6.059 hanno dichiarato le loro partecipazioni mentre 643 hanno risposto di non averne alcuna. La risposta complessiva, inoltre. resta parziale perché non è infrequente che i dati trasmessi siano approssimativi quando non palesemente errati. Stando ai dati finora disponibili, la Lombardia è la regione dove si concentra il maggior numero di partecipate (16% del totale), seguono Emilia Romagna (9,6%), Veneto (9,4%) e Piemonte e Toscana (9% ciascuno). Delle oltre 8mila società che fanno riferimento agli Enti locali, 6mila circa fanno riferimento ai Comuni, più di 1.800 alle Province, quasi 800 alle Regioni e circa 1.300 alle Camere di commercio. La gran parte (6mila) è impegnata nel settore terziario - dall’istruzione ai servizi di supporto alle imprese, dall’assistenza sociale al commercio, dallo sport all’arte - mentre oltre 2mila società sono impegnate nel settore delle utilities: fornitura di acqua, energia elettrica o gas o gestione dei rifiuti. L’83% delle partecipate dalle amministrazioni locali è di piccole dimensioni: impiegano meno di 50 persone e, complessivamente, assorbono poco più del 9% dei 411mila addetti. Le società partecipate di grandi dimensioni (oltre 250 lavoratori) rappresentano invece il 4,5% del totale ma assorbono il 70% dei dipendenti. Se si dovesse tenere fermo il limite di un milione di euro di fatturato, sarebbero a rischio dismissione oltre 5.000 società partecipate, ma questo è un discorso ancora tutto aperto.