IL SETTORE DEGLI IRRIFORMABILI

Un paese ostaggio dei poteri di veto (di Luciano Capone su “Il Foglio” del 17 febbraio 2017) 
L’autore dell’articolo bolla come pretestuose le ragioni che hanno fatto scendere in piazza, per l’ennesima volta, i tassisti di tutt’Italia. Intanto non si tratterebbe di una “difesa del servizio pubblico”, quanto piuttosto di una violazione del diritto alla mobilità dei cittadini e una chiusura a qualsiasi ipotesi di maggiore concorrenza che, invece, qualora fosse introdotta nel sistema, sarebbe la sola a poter tutelare veramente i cittadini e il servizio pubblico, attraverso l’eliminazione dei monopoli e del fenomeno del contingentamento delle licenze. Inoltre non ci sarebbe stato alcun emendamento del Governo “pro Uber” e pro liberalizzazione, ma si è invece semplicemente deciso di prorogare - un’altra volta ancora - lo status quo. Infatti da quasi dieci anni il Governo dovrebbe intervenire per regolare il trasporto con conducente - il cosiddetto Ncc - mentre invece continua a rimandare. In particolare, a far infuriare la categoria dei tassisti, è stata la decisione di sospendere la norma che vieterebbe agli Ncc di sostare sul suolo pubblico all’infuori del Comune che gli ha concesso la licenza. Ovvero si è deciso, per non ridurre ulteriormente la già poca concorrenza esistente, di rimandare ulteriormente quella che appare come una norma particolarmente penalizzante nei confronti degli Ncc e che li obbligherebbe, dopo ogni corsa, a tornare nell’autorimessa di provenienza.  A giudizio dell’autore dell’articolo, il legislatore, più che conservare l’esistente, dovrebbe piuttosto  operare per aprire il mercato. Come del resto chiedono da anni le diverse authority. L’Antitrust nella sua segnalazione per la legge annuale sulla concorrenza - legge mai più approvata dal 2009 e ferma in Parlamento da 3 anni - propone di eliminare ogni discriminazione tra taxi e Ncc “in una prospettiva di piena sostituibilità dei due servizi”. Della stessa opinione è l’Autorità dei trasporti, che ha segnalato a Governo e Parlamento una situazione del settore taxi in cui, a causa della ristretta offerta, si è assistito ad un forte aumento delle tariffe, nonostante la crisi economica. “Tra il 2006  e il 2014 - ha scritto l’Autorità - a fronte di un aumento dell’inflazione del 15 per cento, a Roma le tariffe sono aumentate del 37 per cento, a Firenze del 29 e a Milano del 23”. Risultato: tariffe così elevate escludono di fatto le fasce più povere della popolazione dall’uso dei taxi. Alla faccia del “servizio pubblico”. Secondo uno studio condotto dal Comune di Roma, soltanto il 10 per cento dei cittadini usa il taxi, e un 67 per cento dichiara di non averne mai preso uno a causa dei prezzi troppo elevati. Tutto questo perché l’offerta è tenuta artificialmente ristretta. Come testimoniato anche da uno studio della Banca d’Italia: in oltre il 40 per cento delle città italiane sono trascorsi più di 20 anni dall’ultima assegnazione di licenze taxi e, in otto città, è tutto fermo addirittura dagli anni Sessanta.  “Se l’obiettivo del Governo è lasciare tutto com’è - chiosa l’articolo - più che i tassisti dovrebbero protestare i cittadini, che hanno bisogno di maggiore concorrenza e prezzi più bassi”.