La Rivista del Sindaco


Anche la rapina può risultare di lieve entità

La massima della Corte Costituzionale
Approfondimenti
di Piccioni Fabio
16 Maggio 2024

 

Sono costituzionalmente illegittimi i commi 1 e 2 dell’art. 628 c.p., nella parte in cui non prevedono che la pena comminata sia diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.
Lo ha deciso la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 86, depositata in cancelleria il 13 maggio 2024.

La ricognizione dell’evoluzione normativa dell’art. 628 c.p. 
Il delitto di rapina impropria, di cui al secondo comma dell’art. 628, stabilisce la stessa pena prevista, dal primo comma, per la rapina propria.
Trattasi di pena che ha registrato, nel corso del tempo, un progressivo inasprimento nel minimo edittale: originariamente determinato in 3 anni di reclusione, è stato aumentato a 4 anni, dall’art. 1 c. 8, lett. a), L. 23/6/2017 n. 103, e ulteriormente incrementato a 5 anni, dall’art. 6 c. 1, lett. a), L. 26/4/2019 n. 36.
Tale inasprimento ha riguardato anche il minimo edittale della fattispecie aggravata di cui al terzo comma n. 1, concernente la rapina commessa «da più persone riunite»: da 4 anni di reclusione, per il testo originario, a 4 anni e 6 mesi, per effetto dell’art. 3 L. 14/10/1974 n. 497, poi a 5 anni, ai sensi dell’art. 1 c. 8, lett. b), L. 103/2017 e, infine, a 6 anni, a norma dell’art. 6 c. 1, lett. b), L. 36/2019.

Il caso
Il Tribunale di Cuneo, chiamato a giudicare su un’imputazione di rapina impropria aggravata perché commessa da più persone riunite che, dopo aver prelevato dagli scaffali di un supermercato 3 baguettes, una scatoletta di tonno e uno spazzolino da denti, del valore complessivo di € 6,19, si assicuravano il possesso della merce e l’impunità, con minacce e una spinta in danno del personale dell’esercizio commerciale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 628 c. 2 c.p.

La motivazione della Consulta
La Corte, premesso che la questione sollevata richiede che il trattamento sanzionatorio della rapina impropria sia sottoposto al triplice test della proporzionalità relazionale (rispetto a eventuali tertia comparationis), della proporzionalità oggettiva (rispetto alla tipologia di condotte rientranti nella fattispecie astratta) e della necessaria individualizzazione (rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del fatto concreto), ha ritenuto la questione fondata in riferimento a tutti i parametri evocati.

Il medesimo appesantimento del trattamento sanzionatorio illustrato per la rapina ha interessato anche il delitto di estorsione, di cui all’art. 629 c. 1 c.p., dove l’originario minimo edittale di 3 anni di reclusione, è stato aumentato a 5 anni, dall’art. 8 c. 1 D.L. 31/12/1991 n. 419, convertito, con modificazioni, nella L. 18/2/1992 n. 172.
In merito, la Consulta ricorda che, con sentenza 15/6/2023 n. 120 - osservato che la mancata previsione di una “valvola di sicurezza” al cospetto di un minimo edittale particolarmente aspro implica il rischio di irrogazione di una sanzione non proporzionata all’effettiva gravità del fatto, ove lo stesso risulti immune dai profili di allarme sociale che hanno indotto il legislatore a stabilire quel severo minimo - aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 629 c.p. «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».

Il Giudice delle leggi osserva che tale ratio decidendi risulta valevole ed estensibile anche per la rapina, che evidenzia un’ampia latitudine oggettiva e una varietà di condotte materiali, stante che la violenza o minaccia può risultare di modesta portata e l’utilità perseguita, ovvero il danno cagionato, di valore infimo, come nel caso oggetto del giudizio a quo. In simili fattispecie, per la rapina (vis absoluta) così come per l’estorsione (vis compulsiva), il comune elevato minimo edittale, introdotto per contenere fenomeni criminali seriamente lesivi della persona e del patrimonio, eccede lo scopo, determinando l’irrogazione di una pena irragionevole, sproporzionata e quindi inidonea alla rieducazione.

Sul piano della comparazione tra il trattamento sanzionatorio previsto per la rapina e quello stabilito per l’estorsione, emerge, quindi, la violazione dell’art. 3 Cost., oltre che dei principi di individualizzazione, nella prospettiva segnata dall’art. 27 c. 1 Cost., e di finalità rieducativa, di cui al precetto recato dall’art. 27 c. 3 Cost., della pena.

La reductio ad legitimitatem, viene adottata con una pronuncia additiva, che dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 628 c. 2 c.p., nella parte in cui non prevede che la pena è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.

Ma la Corte va oltre la questione sollevata e, osservata l’omogeneità strutturale delle varie forme di rapina, propria e impropria, quali aggressioni contestuali alla persona e al patrimonio, che condividono sia l’elevato minimo edittale di pena detentiva, sia l’idoneità a manifestare una diversificata offensività, ha dichiarato, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 L. 11/3/1953 n. 87, l’illegittimità costituzionale anche del comma 1 dell’art. 628 c.p. 

Conseguenze operative sull’attività di polizia giudiziaria 
La novità non sembra comportare effetti sull’attività di polizia giudiziaria e su quella di indagine, che deve svolgersi comunque ai sensi dell’art. 326 c.p.p., anche sulla ricorrenza dell’attenuante in questione (art. 358 c.p.p.), in quanto la valutazione della lieve entità del fatto attiene unicamente alla fase giurisdizionale. 

Conseguentemente, acquisita la notizia di reato relativa a un fatto che risulti prima facie di lieve entità, la polizia giudiziaria dovrà procedere, regolarmente, alla formale comunicazione al pubblico ministero, ai sensi dell’art. 347 c.p.p.
Peraltro, una corretta valutazione giudiziaria ai sensi dell’art. 187 c.p.p., richiede inevitabilmente l’offerta, da parte della polizia giudiziaria, di un quadro puntuale e completo, in positivo e in negativo, degli elementi - natura, specie, mezzi, modalità o circostanze dell’azione, particolare tenuità del danno o del pericolo - del fatto che possano condurre all’eventuale riconoscimento della lieve entità.

Di talché, la polizia giudiziaria operante, dovrà procedere a prestare particolare, e forse maggiore, attenzione nella fase di raccolta e assicurazione delle fonti di prova rilevanti per la ricostruzione dei fatti.

Si ricorda, tuttavia, che, ai sensi degli artt. 380 c. 2 lett. f) e 384 c.p.p., sono previsti gli algoritmi processuali delle misure precautelari dell’arresto obbligatorio in flagranza e del fermo di indiziato di delitto. 


Articolo di Fabio Piccioni
 


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