Recentemente, con pronuncia del 11.07.2024, la Corte di Giustizia Europea si è espressa su un tema di una notevole sensibilità, economica e politica, per il nostro Paese, in quanto afferente la categoria dei balneari.
I Fatti alla base della vicenda
La vertenza da cui trae originale la pronuncia in commento vede contrapposti la SIIB (Società Italiana Imprese Balneari) che dal 1928 ha in concessione lo stabilimento balneare Bagni Ausonia e il Comune di Rosignano Marittimo.
Nel 2007, alla scadenza di una delle tante concessioni rinnovate nel corso dei decenni, il Comune acquisiva alcune tra le opere che la SIIB aveva costruito negli anni sullo stabilimento e che qualificava come “amovibili”, classificandole tra le pertinenze del demanio marittimo.
Il Comune, non solo non riconosceva alla SIIB alcun indennizzo/risarcimento a fronte dell’acquisizione di tali opere, ma, al momento dell’ennesimo rinnovo della concessione, prevedeva dei canoni di concessione maggiorati, in virtù del maggior valore che lo stabilimento aveva acquisito proprio in ragione di tali strutture.
In un primo momento la SIIB contestava che le opere acquisite dal Comune potessero essere considerate “inamovibili”, quindi avviava procedimenti giurisdizionali avanti al Giudice amministrativo italiano, contestando la legittimità dell’espropriazione.
Il Tar Toscana dava ragione al Comune con sentenza che, quindi, veniva impugnata avanti al Consiglio di Stato.
Le norme nazionali in rilievo
Tra le norme di legge che per la risoluzione del caso di specie vengono in rilievo, la prima da menzionare è l’art. 49, comma 1, del codice della navigazione, che così recita: “Salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell'autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato”.
Rilevante è altresì l’art. 1, comma 251, L. n. 296/2006 cd. Legge finanziaria 2007, che prevede che l’acquisizione al demanio pubblico di beni costruiti dal concessionario comporti l’applicazione a quest’ultimo di un canone maggiorato, atteso che tali opere vanno considerate come pertinenze del demanio pubblico.
L’interpretazione dei giudici amministrativi nazionali
Il Giudice amministrativo di primo grado escludeva che l’applicazione dell’articolo 49 del codice della navigazione determinasse una espropriazione del concessionario senza indennizzo.
A suo dire, infatti, l’acquisizione gratuita, da parte dello Stato, delle opere non amovibili costruite sul demanio pubblico interverrebbe soltanto in assenza di un diverso accordo contenuto nell’atto di concessione.
Vale a dire che l’acquisizione a titolo gratuito risulterebbe subordinata al consenso delle parti.
Come anticipato, la pronuncia di prime cure favorevole al Comune veniva impugnata dal concessionario avanti al Consiglio di Stato.
A sua volta, il Giudice d’appello rilevava che “l’articolo 49 del codice della navigazione viene interpretato nel senso che l’acquisizione dei beni da parte dello Stato si produce automaticamente alla scadenza della concessione, anche in caso di rinnovo di quest’ultima, dal momento che tale rinnovo determina un’interruzione della continuità tra i titoli di occupazione del demanio pubblico. Invece, in caso di proroga della concessione prima della sua normale scadenza, le opere realizzate dai concessionari sul demanio pubblico resterebbero di proprietà privata esclusiva del concessionario fino alla scadenza effettiva o alla revoca anticipata della concessione e nessun canone sarebbe dovuto per quanto riguarda tali opere”.
Per il Consiglio di Stato, quindi, l’acquisizione a titolo gratuito al demanio si giustificherebbe con la necessità di garantire che le opere non amovibili destinate a rimanere su quest’ultimo siano nella piena disponibilità del concedente.
Le contestazioni del concessionario
La SIIB lamentava che l’art. 49 del codice della navigazione, nell’interpretazione fornita dalla giustizia amministrativa, fosse contraria al diritto europeo e, in particolare agli articoli 49 (1) e 56 (2) del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), che sanciscono, rispettivamente, la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione di servizi, come interpretati nella sentenza Laezza del 28.01.2006.
Rilevava la SIIB che, qualora la concessione, anziché giungere a termine, fosse rinnovata senza interruzione, l’effetto di accessione previsto dall’articolo 49 del codice della navigazione sarebbe ingiustificato.
In aggiunta, tale effetto renderebbe meno allettante lo stabilimento per gli operatori economici di altri Stati membri interessati allo stesso bene.
Infine, finirebbe per imporre al concessionario un sacrificio sproporzionato dei suoi diritti, atteso che questi sarebbe costretto a cedere i propri beni allo Stato senza alcun corrispettivo/ristoro/indennizzo o compensazione di qualsivoglia genere.
La rilevanza europea della questione
Atteso che il codice della navigazione si applica agli operatori economici sia italiani sia degli altri Stati membri, e che, pertanto, non si può escludere, che questi ultimi siano interessati ad avvalersi delle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi al fine di esercitare delle attività sul territorio italiano e, dunque, che la normativa in questione è suscettibile di produrre effetti in ambito UE, il Consiglio di Stato ha sottoposto alla Corte europea la seguente questione pregiudiziale: “Se gli articoli 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza del 28 gennaio 2016, Laezza (C‑375/14, EU:C:2016:60), ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’articolo 49 [del codice della navigazione] nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo”.
La pronuncia della Corte di Giustizia Europea
Interessata della questione la Corte europea ha preliminarmente precisato che “l’attribuzione di una concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo implica necessariamente l’accesso del concessionario al territorio dello Stato membro ospitante in vista di una partecipazione stabile e continua, per una durata relativamente lunga, alla vita economica di tale Stato. Ne consegue che l’assegnazione di una tale concessione rientra nel diritto di stabilimento previsto dall’articolo 49 TFUE”.
Ha altresì aggiunto che “in virtù dell’articolo 57, primo comma, TFUE, le disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi trovano applicazione soltanto se, segnatamente, non si applicano quelle relative al diritto di stabilimento. Occorre dunque escludere l’articolo 56 TFUE.”
Per la Corte la questione da risolvere è dunque se “l’articolo 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione”.
I giudici europei precisano che “l’articolo 49, primo comma, TFUE vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro. Secondo costante giurisprudenza, devono considerarsi quali restrizioni a tale libertà tutte le misure che, seppur applicabili senza discriminazioni fondate sulla nazionalità, vietino, ostacolino o rendano meno attrattivo l’esercizio della libertà garantita dall’articolo 49 TFUE”.
Pertanto, non può dirsi in contrasto con la normativa europea una normativa nazionale opponibile a tutti gli operatori esercenti delle attività nel territorio nazionale, come è pacificamente l’art. 49, comma1, del codice della navigazione, “la quale non abbia come scopo di disciplinare le condizioni relative allo stabilimento degli operatori economici interessati e i cui eventuali effetti restrittivi sulla libertà di stabilimento siano troppo aleatori e troppo indiretti perché l’obbligo da essa dettato possa essere considerato idoneo a ostacolare questa libertà”.
Peraltro, la norma in questione non prevede particolari requisiti per lo stabilimento di concessionari autorizzati a gestire un’attività turistico-ricreativa sul demanio pubblico marittimo italiano.
La Corte europea esclude altresì che l’art. 49 del codice della navigazione possa avere indirettamente degli effetti restrittivi sulla libertà di stabilimento.
Per la Corte la norma in questione “si limita a trarre le conseguenze dei principi fondamentali del demanio pubblico”.
Infatti, prosegue la Corte “l’appropriazione gratuita e senza indennizzo, da parte del soggetto pubblico concedente, delle opere non amovibili costruite dal concessionario sul demanio pubblico costituisce l’essenza stessa dell’inalienabilità del demanio pubblico”.
A sua volta, il principio di inalienabilità implica che il demanio pubblico resti di proprietà di soggetti pubblici e che le autorizzazioni di occupazione demaniali abbiano carattere precario, abbiano durata determinata e siano sempre revocabili.
Quindi, gli ipotizzati effetti restrittivi dell’art. 49, comma 1, del codice della navigazione risultano non solo meramente eventuali ma anche troppo aleatori e indiretti perché, alla luce della giurisprudenza europea, possano essere considerati in contrasto con l’art. 49 TFUE.
In aggiunta l’art. 49, comma 1, del codice della navigazione prevede la possibilità di derogare all’acquisizione immediata senza alcun indennizzo/rimborso delle opere non amovibili costruite dal concessionario sul demanio pubblico marittimo tramite un apposito accordo.
Se pertanto nulla è stato pattuito, il concessionario non può lamentare di subire un’espropriazione forzosa ovvero di essere soggetto ad una ingiusta “sanzione”
A seguire il ragionamento della Corte europea, l’autorizzazione all’occupazione del demanio pubblico conferirebbe al concessionario un mero diritto di superficie, di carattere transitorio, sulle opere non amovibili dallo stesso eventualmente costruite su suolo demaniale.
Da ultimo, i Giudici europei precisano come nessuna rilevanza sulla soluzione della vertenza abbia la circostanza per cui ci si trovi di fronte ad un rinnovo piuttosto che alla prima attribuzione di una concessione.
Per la Corte europea “è sufficiente constatare che il rinnovo di una concessione di occupazione del demanio pubblico si traduce nella successione di due titoli di occupazione di tale demanio e non nella perpetuazione o nella proroga del primo. Tale interpretazione è peraltro idonea a garantire che l’attribuzione di una concessione possa avvenire soltanto all’esito di una procedura concorrenziale che ponga tutti i candidati e gli offerenti su un piede di parità”.
La pronuncia si conclude, quindi, con l’individuazione del principio di diritto per cui “l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione”.
Considerazioni conclusive
Con la pronuncia in commento la Corte di Giustizia non ha fatto altro che ribadire la centralità del principio di concorrenza nella disciplina delle concessioni balneari, su cui l’Italia è notoriamente inadempiente.
Ben si sa come ad oggi una delle questioni più “calde” in materia sia proprio quella della disciplina degli indennizzi a favore dei concessionari uscenti.
La previsione generale di un indennizzo a favore dei precedenti concessionari è contenuta nella L. n. 118/2022, che, però, non ha mai trovato attuazione perché subordinata all’emanazione di un decreto attuativo, ad oggi non ancora intervenuto.
Da un lato vi sono, quindi, le associazioni dei balneari che rivendicano risarcimenti pari all’intero valore aziendale, dall’altro vi è la consapevolezza che prevedere indennizzi tanto ingenti potrebbe sia scoraggiare possibili concorrenti sia, di conseguenza, violare la direttiva “Bolkstein” che impedisce qualsivoglia misura di favore a vantaggio dei concessionari uscenti.
Rimane però l’urgenza di una definizione della questione, non solo per gli operatori economici ma anche per quei Comuni che dovessero trovarsi a redigere i bandi di gara.
(1) L’art. 49 del TFUE così recita: “Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all'apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro. La libertà di stabilimento importa l'accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell'articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali”.
(2) L’art. 56 del TFUE così recita: “Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono estendere il beneficio delle disposizioni del presente capo ai prestatori di servizi, cittadini di un paese terzo e stabiliti all'interno dell'Unione.”
--> Per approfondire alcuni aspetti:
Aggiornamento 6 settembre 2024:
Il Legislatore, nel testo di decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri in data 04.09.2024, ha riproposto la previsione di un indennizzo a favore dei concessionari uscenti proporzionandola agli investimenti realizzati.
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