La Rivista del Sindaco


Incentivi IMU e TARI: la previsione del comma 1091 dell’art.1 della legge n. 145/2018

Tra ambiguità normativa e interpretazione giurisprudenziale
Approfondimenti
di Martini Lorella
24 Settembre 2024

 

La norma di legge

Nella legge di bilancio 2019 (Legge n. 145/2018), al comma 1091 dell’art.1, il Legislatore ha previsto per i comuni che abbiano approvato nei termini il bilancio di previsione e il rendiconto, la possibilità, previa approvazione regolamentare, di “prevedere che il maggiore gettito accertato e riscosso, relativo agli accertamenti dell'imposta municipale propria e della TARI, nell'esercizio fiscale precedente a quello di riferimento risultante dal conto consuntivo approvato, nella misura massima del 5 per cento, sia destinato, limitatamente all'anno di riferimento, al potenziamento delle risorse strumentali degli uffici comunali preposti alla gestione delle entrate e al trattamento accessorio del personale dipendente, anche di qualifica dirigenziale, in deroga al limite di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75”.

La norma richiamata introduce quindi nell’ordinamento delle entrate comunali un meccanismo che permette l’accantonamento di una quota del gettito tributario che potrà essere poi utilizzata per potenziare la gestione delle entrate. 
Tale potenziamento può comprendere anche una ulteriore alimentazione del Fondo per gli incentivi al personale impegnato nel raggiungimento degli obiettivi delle entrate. 

 

La nota IFEL del 29 febbraio 2019

La norma è stata da subito oggetto di una accurata disamina da parte dell’IFEL.
Come esplicitato nella nota del 28 febbraio 2019, la ratio della norma sarebbe quella di “assicurare risorse specifiche per potenziare, in generale, l’attività di acquisizione delle entrate comunali, considerato il riferimento espresso agli “obiettivi del settore entrate”; cosicché, sotto il profilo dell’utilizzo del Fondo, possono essere incentivati tutti gli obiettivi assegnati al settore entrate, anche se afferenti a poste non tributarie, ovvero variamente collocate sotto il profilo dell’articolazione funzionale dell’ente.”

Come chiaramente espresso nella disposizione di legge, il Fondo in questione viene alimentato dalla riscossione di soli due tributi, ovvero dell’IMU e della Tari, e solo ed esclusivamente da quella non spontanea, ovvero indotta da azioni dell’amministrazione.

Chiarisce infatti l’Ifel come “la nozione di “maggior gettito” non può che riferirsi al gettito aggiuntivo rispetto a quello che risulta ordinariamente acquisito sui due tributi menzionati, nelle forme proprie di ciascuno: l’autoliquidazione a scadenze predeterminate dalla legge, nel caso dell’IMU, la richiesta comunale o del diverso soggetto preposto, generalmente mediante avviso bonario”.
Evidenziava sempre l’Ifel che "la norma richiede che il gettito di riferimento sia “accertato e riscosso… nell’esercizio fiscale precedente” e sia contenuto nel “conto consuntivo approvato”. 

Il termine di riferimento risulta quindi l’iscrizione nel bilancio comunale delle riscossioni registrate nell’esercizio precedente e successivamente risultanti a rendiconto.

Se fin qui l’analisi della norma non pone particolari problemi, le difficoltà sorgono con riferimento alla locuzione “accertato e riscosso”.
Il congiunto riferimento sia agli accertamenti sia agli incassi, fa sorgere dubbi interpretativi ed applicativi. Infatti, un importo ben può essere accertato in bilancio in un determinato anno, ma essere riscosso l’anno successivo, o anche a distanza di più esercizi, in caso di attivazione della riscossione coattiva.

Secondo l’Ifel però “sarebbe del tutto illogico ritenere che l’alimentazione del Fondo incentivante possa avvenire con riferimento ai soli atti di recupero che sono, al tempo stesso, emessi e incassati nel medesimo anno, sia perché una parte consistente degli atti viene notificata nell’ultima parte dell’anno, ed è quindi incassata naturalmente l’anno successivo, sia perché si escluderebbero gli importi oggetto di rateizzazione. Considerando la ratio della norma, invece, si deve ritenere che il legislatore abbia voluto fare riferimento all’importo riscosso da atti di recupero tributario relativi all’IMU e alla Tari. Conseguentemente, quello che rileva è quanto riscosso in un determinato anno, indipendentemente dal periodo di emissione dell’atto. Si ritiene, dunque, che il parametro di riferimento ai fini dell’alimentazione del Fondo debba essere l’ammontare complessivo delle riscossioni sollecitate realizzate in un determinato anno”.

E’ immediatamente intuibile come tale interpretazione finisca per valorizzare, e quindi incentivare, le riscossioni coattive, che – come ben si sa – possono avvenire anche a distanza di anni dalla notifica degli atti di accertamento tributari.

 

La delibera della Corte dei Conti n. 113/2024

Nello scorso mese di aprile il Comune di Senago (MI) ha presentato richiesta di parere sull’applicazione e interpretazione dell’istituto di cui al comma 1091, articolo 1, della Legge di bilancio 2019.
In proposito la Corte dei Conti - sezione regionale di controllo per la Lombardia - si è pronunciata con la delibera n. 113/2024 del 27.05.2024.

Tra i quesiti presentati dal Comune quello che in questa sede interessa è il primo, ovvero “… a) se il montante su cui calcolare gli incentivi di cui trattasi debba essere determinato in misura pari al minor valore tra i seguenti risultati:

  1. differenza tra le somme accertate nell’anno di riferimento e somme accertate l’anno precedente;
  2. differenze tra le somme incassate nell’anno di riferimento (limitatamente alle quote derivante dagli accertamenti dello stesso anno) e le somme incassate l’anno precedente (con riferimento sempre agli accertamenti del medesimo esercizio) …”

Per la Corte dei Conti la lettera della norma non lascia spazio a dubbi interpretativi.
Così, si legge in delibera che “Ad avviso del Collegio non sono ravvisabili dubbi interpretativi in riferimento al “…montante…” a cui rapportare la percentuale “…massima del 5%...” rivelandosi lo stesso tenore letterale della norma inequivocabile, laddove specifica che i comuni possono, con proprio regolamento, “…prevedere che il maggiore gettito accertato e riscosso, relativo agli accertamenti …” dell’IMU e della TARI, nell’esercizio fiscale precedente e risultante “…dal conto consuntivo approvato…” sia destinato al potenziamento delle risorse strumentali e al trattamento accessorio del Personale”.

La conseguenza che ne trae il Collegio è che l’unico parametro di riferimento considerato dal Legislatore è il maggior incasso di competenza delle entrate accertate, ovvero, proprio nell’esercizio di competenza, “senza che alcun rilievo o valenza possa attribuirsi né agli accertamenti singolarmente considerati (come sembra prospettare l’ente nella prima parte del quesito, contrassegnato dal n. 1), ignorando del tutto il correlato dato della relativa riscossione, né al computo delle riscossioni eventualmente avvenute a residuo per le medesime tipologie di entrate, sia che siano riferite all’accertamento effettuato nell’esercizio ancora precedente (ed incassate in quello corrente), sia che siano derivate dalla riscossione coattiva di ruoli provenienti da esercizi pregressi (e quindi ancora più remoti)”.

In sostanza, non è sufficiente il maggior accertamento, ma deve esserci anche il maggior incasso nell’anno a cui lo stesso accertamento si riferisce.

Procede la Corte dei Conti ricordando come la predetta interpretazione della locuzione “maggiore incasso” sia conforme a quella fornita dalla giurisprudenza contabile, in riferimento alla similare questione riguardante gli incentivi derivanti dalle sanzioni irrogate in esecuzione del Codice della strada.

In proposito, la Corte dei Conti - sezione regionale di controllo Marche -, con delibera n. 3/2000 ha statuito il principio di diritto per cui “…l’ammontare delle risorse venga dall’ente preventivamente delimitato alle sole maggiori entrate effettivamente riscosse e causalmente riconducibili allo sviluppo dei suddetti progetti di potenziamento, perché solo in questo caso (…) le maggiori entrate sarebbero eziologicamente e funzionalmente imputabili al recupero di efficienza determinato dalle attività poste in essere da coloro che, dando esecuzione al progetto, beneficiano dell’incentivo (…). Affinché tale connessione funzionale tra recupero di efficienza e maggiori risorse così affluite sia riscontrabile (…) è perciò indispensabile che l’erogazione dell’incentivo venga dall’ente finanziariamente coperta soltanto con la quota dei proventi contravvenzionali eccedenti le riscossioni del precedente esercizio, accertati e riscossi nell’esercizio corrente, perché solo in questo caso le maggiori entrate riscosse possono dirsi effettivamente e autonomamente riconducibili, sotto il profilo funzionale ed eziologico, all’attuazione del progetto di efficientamento posto in essere dalle specifiche unità di personale legittimate a percepire l’emolumento addizionale, risultando così finanziariamente neutre per il bilancio dell’ente (…)”.

 

Osservazioni conclusive

L’interpretazione fornita dalla Corte dei Conti con delibera n. 113/2024 lascia perplessi.
Diversamente dalle note esplicative dall’Ifel, la delibera non sembra cogliere la ratio dell’istituto di cui al comma 1091, articolo 1, della Legge di bilancio 2019, finendo peraltro, per disincentivare l’attività di riscossione.
L’indubbia ambiguità della norma di legge, unitamente all’importanza della questione, richiederebbero un intervento chiarificatore del Legislatore.


 


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