Il Sud ha “agganciato” la ripresa economica ma l’emergenza sociale resta allarmante
Una fotografia sullo stato di salute dell’economia del Meridione arriva dal Rapporto 2017 realizzato dallo Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno. Il documento (Introduzione e Sintesi con relativa Appendice statistica sono disponibili a piè di pagina) illustra una situazione che contiene alcuni aspetti rassicuranti ed altri che, purtroppo, non fanno che confermare le difficoltà cui quella parte di Paese sembra ormai quasi condannata. Di positivo c’è il fatto che l’economia del Sud sta dando dei segnali di vitalità ed è quindi ingiusto - sottolinea il rapporto - continuare a parlare di “causa persa” o di “vuoto a perdere”. In un quadro di ripresa, che vede l’Italia purtroppo ben al di sotto della media Ue dei livelli di crescita del Pil, l’economia del Mezzogiorno è, anzi, cresciuta leggermente di più della media nazionale nel biennio 2015-2016 e le stime di crescita, per l’anno in corso e il prossimo, sono sostanzialmente in linea - soltanto leggermente inferiori - con quelle del Centro-Nord. L’industria manifatturiera del Mezzogiorno nel biennio è addirittura cresciuta del 7%, un ritmo più che doppio (3%) rispetto al resto di Italia. Resta una difficoltà, però, nell’accedere agli “strumenti di politica industriale nazionale” da parte delle imprese del Mezzogiorno, principalmente per la loro struttura dimensionale. Servirebbe quindi, a giudizio dello Svimez, un incremento delle politiche ritagliate appositamente per la crescita delle imprese del Sud. Se quindi “il consolidamento della ripresa suggerisce che la crisi non abbia minato la capacità delle regioni meridionali di rimanere agganciate allo sviluppo del resto del Paese e dell’Europa, tuttavia, il ritmo della congiuntura appare del tutto insufficiente ad affrontare le emergenze sociali nell’area, che restano allarmanti”. Iniziano qui le note dolenti che, peraltro, occupano una vasta parte del rapporto dello Svimez. Se l’occupazione è ripartita e, nel Centro-Nord, ha già superato i livelli pre-crisi, nel Mezzogiorno resta ancora indietro, rispetto ai livelli del 2008, di circa 380 mila occupati. Il suo tasso di occupazione resta il peggiore in Europa, di circa 35 punti percentuali sotto la media Ue a 28. E le dinamiche di crescita dell’occupazione al Sud preoccupano anche per la dimensione qualitativa: crescono soprattutto gli occupati “anziani” e il lavoro a tempo parziale e, di conseguenza, si registra una crescita dell’incidenza dei lavoratori a bassa retribuzione. L’emergenza sociale nelle regioni meridionali rimane purtroppo altissima, secondo il rapporto Svimez: “La povertà resta sui livelli più alti di sempre e il livello di disuguaglianza interno deprime la ripresa dei consumi. Le politiche di austerità hanno determinato il deterioramento della capacità del welfare pubblico di controbilanciare le crescenti disuguaglianze indotte dal mercato”. Un altro aspetto molto preoccupante in chiave prospettive future messo in evidenza nel Rapporto, è quello che riguarda la crisi demografica delle regioni meridionali e il “depauperamento del capitale umano meridionale”: anche considerando il saldo migratorio negativo dell’ultimo quindicennio, il Sud ha perso circa 200 mila laureati per un danno economico in termini finanziari stimato, tenendo anche conto del costo medio dei percorsi di istruzione universitaria, a circa 30 miliardi di euro. Proprio questo ultimo fenomeno spinge gli estensori del Rapporto a scrivere, a proposito delle prospettive di ripresa: “All’indomani di una delle crisi economiche e sociali più profonde e gravi dell’era contemporanea, il Mezzogiorno si appresta ad affrontare il riavvio di un processo di sviluppo in condizioni più svantaggiate di quelle dell’immediato Dopoguerra”.