La Rivista del Sindaco


51 SINDACI DEL REGGINO SCRIVONO A MINNITI

Territorio e governo locale
di La Posta del Sindaco
07 Dicembre 2017

Chiedono la revisione della normativa sullo scioglimento per infiltrazioni mafiose: "Colpire anche la burocrazia"

Quei 51 Comuni calabresi divisi tra Stato e mafia (di Goffredo Buccini sul “Corriere della Sera” del 7 dicembre 2017)
Il quotidiano milanese dedica un articolo ai 51 Comuni della provincia di Reggio Calabria che hanno scritto al ministro dell’Interno Marco Minniti per chiedere una revisione della legge che consente lo scioglimento dei consiglii comunali per infiltrazioni mafiose. Lo fa forse difettando un po’ di obiettività nei titoli ma anche nella parte iniziale dell’articolo nel quale, in sostanza, si sostiene che - in nome di una malintesa difesa del principio del “primato della politica” - si vogliono coprire diverse nefandezze e che, piuttosto che ribellarsi contro la ’ndrangheta, i Comuni scelgono di farlo contro lo Stato, minacciando addirittura di riconsegnare a Roma le fasce tricolori dei sindaci. Fortuna che proseguendo con la lettura dell’articolo, la questione sembra chiarirsi meglio e forse si comincia a dubitare del fatto che l’iniziativa presa dai primi cittadini del Reggino sia stata dettata soltanto da una irricevibile richiesta di impunità preventiva. Prima vengono citati un po’ di dati. Dall’entrata in vigore della legge 221 del 1991, poi più volte modificata negli anni, sono stati sciolti 290 consigli comunali. La poco invidiabile classifica della regione con più consigli comunali sciolti per mafia vede al primo posto la Campania con 101 casi, e la Calabria al secondo con 3 in meno. Però, se si guarda soltanto agli ultimi cinque anni, la Calabria ha avuto ben 43 scioglimenti sugli 81 totali (contro gli “appena” 18 della Campania) e l’ultimo decreto di scioglimento, di poche settimane fa, ha riguardato cinque Comuni calabresi compreso quello di Lamezia Terme, che è il terzo più popoloso della regione. Inoltre, scrive l’articolo, sembrerebbe in arrivo un altro colpo perché le commissioni di accesso agli atti sarebbero al lavoro in questi giorni nei Comuni di Siderno, Limbadi, Villa San Giovanni e Scilla. Da qui sarebbe nata quindi l’iniziativa dei sindaci del Reggino che, in effetti, due giorni fa sono stati ricevuti dal prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari. All’incontro era presente anche il sindaco di Pizzo Calabro e presidente di Anci Calabria, Gianluca Callipo, che ha rilasciato dichiarazioni di “notevole buonsenso”, come lo stesso articolo ha sottolineato. «Rivolta? Metta la parola molto tra virgolette, la prego. Questa legge era e resta uno strumento fondamentale per la lotta alla ’ndrangheta. - ribadisce Callipo - Stiamo mettendo in piedi una commissione di studio e chiediamo di rivedere la normativa in due punti: la possibilità che i sindaci abbiano garanzia di contraddittorio prima dello scioglimento e un intervento più forte sulla burocrazia: molte volte è lì che si annida il problema e non negli organi politici che vengono sciolti». In effetti non sono pochi i casi in cui si è scoperto che ad essere infiltrati erano gli uffici comunali: del resto così i mafiosi sono coperti a prescindere dal risultato delle elezioni. Il sindaco di Pizzo però è ben consapevole che certe “ventate garantiste” possono gonfiare le vele sbagliate ma - assicura - «Sbatteranno contro un muro. L’Anci Calabria e la maggioranza dei suoi sindaci sono contra la ‘ndrangheta». Restano purtroppo anche i casi - una minoranza - di Comuni calabresi in cui per anni non si sono neanche tenute regolari elezioni, per mancanza di liste da votare. Come ebbe a sintetizzare con un’amara battuta l’allora procuratore antimafia Pietro Grasso: «In certi paesi come Africo, San Luca o Platì, è lo Stato che deve cercare di infiltrarsi».


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