Senza legge a rischio 8mila chilometri quadrati di territorio da qui al 2050
L’Italia e il suolo che nessuno tutela (di Corrado Zunino su “la Repubblica” dell’11 dicembre 2017)
Servirebbe una specie di miracolo affinché la legge che dovrebbe limitare il consumo di suolo possa essere approvata entro la fine della legislatura. In discussione da un tempo record calcolato in 1.824 giorni (poco meno di cinque anni, vale a dire la durata della legislatura), la legge ha avuto una prima approvazione parlamentare il 12 maggio 2016. Ma ora, per poter passare, dovrebbe essere approvata in seconda battuta al Senato subito dopo l’Epifania e, quindi, ricevere il via libero definitivo, da una Camera in via di smobilitazione, entro marzo. I numeri per approvare la legge, e dare così un po’ di sollievo ad uno dei territori più antropizzati del mondo, in teoria ci sarebbero in entrambi i rami del Parlamento. Dovrebbero votare infatti a favore un per una volta compatto Pd, compresi i vari fuoriusciti alla sua sinistra, e anche i Cinque Stelle sarebbero consenzienti. Sono i tempi ad essere molto, molto stretti. Il tentativo fatto tre giorni fa dalla relatrice della legge al Senato, Laura Puppato del Pd, per far votare la legge in commissione Ambiente senza passare per l’Aula non è andato in porto. Si è messa di traverso la Lega, partito tradizionalmente “produttivista”, che ne vorrebbe smantellato l’intero impianto. E’ infatti contraria a calcolare come saldo negativo il terreno consumato per esigenze industriali e sostiene che non dovrebbe essere necessaria la ricerca di aree disponibili alla riconversione prima di edificarne di nuove, come previsto dalla bozza di legge. La legge, già ribattezzata Salvasuolo, vorrebbe fermare il consumo di suolo entro il 2050 e, tra le altre cose, rappresenta anche un obiettivo fortemente voluto dall’Unione europea.
Di un intervento legislativo capace di limitare l’elevatissimo consumo di suolo nel nostro Paese se n’è cominciato a parlare almeno dal 2005, e se n’è discusso, con più o meno convinzione, per almeno quattro legislature. Ma ogni volta c’è stata “l’emergenza del momento” a ricacciare la questione indietro nell’agenda parlamentare. Il cammino per arrivare alla prima approvazione del maggio 2016 è stato particolarmente difficoltoso, e sarebbe un peccato dover ricominciare tutto da capo nella prossima - ammesso che vada bene - legislatura. Prima c’è stata la forte opposizione di tre Regioni: il Veneto - che detiene il primato per consumo di suolo - e la Sicilia e la Campania che hanno avuto diversi “ripensamenti” (lo stesso hanno fatto con ddl contro l’abusivismo edilizio). “Il testo nazionale è lesivo delle nostre competenze”, hanno protestato. Ma anche i Comuni - molti a guida dello stesso partito di maggioranza - hanno avuto diversi mal di pancia: non è infatti cosa facile il dover rinunciare agli introiti degli oneri di urbanizzazione per le nuove licenze edilizie. Malgrado il lavoro fatto dalla Puppato in Senato che, attraverso la faticosa riscrittura di diversi articoli del disegno di legge, è riuscita a vincere le resistenze di Confindustria, Enti locali e ad ottenere il sì delle Regioni, ora il provvedimento si ritrova sul suo cammino ben 130 subemendamenti, che rendono decisivo il voto in aula. Senza la Salvasuolo, si calcola che da qui al 2050 l’Italia vedrebbe edificati altri 8.000 chilometri quadrati di territorio. «Abbiamo eroso tutto quello che potevamo permetterci, abbiamo l’obbligo di calmierare la nostra voracità. - dice la senatrice Laura Puppato - Negli ultimi due anni ho visto crescere la sensibilità e, ora, non fare questa legge sarebbe peccato mortale». Più pessimista - o realista? - il responsabile dei rapporti istituzionali del Wwf, Stefano Lenzi: «Il ddl ha impiegato 3 anni e 4 mesi ad uscire dalla Camera e 577 giorni per non uscire dal Senato. E’ stata una norma manifesto e sostanzialmente orfana. Ne riparleremo, temo, soltanto nel 2023».
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