Premiate dal ministero delle Politiche agricole aree della Toscana, dell'Umbria, del Molise e della Sicilia
di
La Posta del Sindaco
19 Gennaio 2018
Il “Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali”, istituito nel 2012, raddoppia il numero dei paesaggi rurali in esso contenuti – ora dieci, dopo la promozione dei cinque nuovi candidati – e delle praticole agricole tradizionali ammesse, ora due dopo l’arrivo della “Piantata veneta”. L’iter di ammissione da parte del ministero delle Politiche agricole nel particolare registro è tutt’altro che semplice, perché le candidature devono soddisfare determinati requisiti di ammissibilità e ricevere l’avallo preventivo da parte della Conferenza permanente Stato-Regioni. Dopo di che il ministero ne vaglia la significatività, l’integrità e la vulnerabilità “tenendo conto sia di valutazioni scientifiche, sia dei valori che sono loro attribuiti dalle comunità, dai soggetti e dalle popolazioni interessate”.
Le cinque nuove aree iscritte nel Registro sono: la “Fascia pedemontana olivata tra Assisi e Spoleto”, vale a dire la principale area olivicola dell’Umbria, un paesaggio dove il rapporto tra olivicoltura e storia si presenta ancora particolarmente forte; il “Paesaggio della pietra a secco dell’isola di Pantelleria”, una terra dove le tecniche colturali si sono dovute adattare alle difficoltà poste da un ambiente particolare; il “Parco regionale storico agricolo dell’olivo di Venafro”, un’area della regione Molise da sempre votata all’olivicoltura e dove la particolare qualità dell’olio veniva già celebrata da Plinio e Catone; il “Paesaggio policolturale di Trequanda”, al confine tra la Val d’Orcia e le Crete Senesi, un tipico esempio di paesaggio di origine mezzadrile, con un mosaico complesso costituito da varie colture tradizionali; e, infine, il “Paesaggio rurale storico di Lamole in Chianti”, sempre in Toscana, qui siamo in presenza di un ambiente policolturale che rappresenta un esempio di come sia possibile fare agricoltura di qualità nel rispetto del paesaggio storico. A questi paesaggi si aggiunge una pratica agricola tradizionale, quella della “piantata veneta” che, risalente addirittura al periodo etrusco, fino ad alcuni decenni or sono rappresentava la più importante qualità di coltura del centro e nord Italia.
L’iniziativa di istituire un Registro nazionale è stata presa nell’ambito della “Rete Rurale Nazionale”, programma con cui l’Italia partecipa al più ampio progetto europeo (Rete Rurale Europea – RRE) che ha accompagnato e integrato tutte le attività legate allo sviluppo delle aree rurali per il periodo 2007-2013 e, ora, per quello 2014-2020.
Secondo il ministro per le Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina «Non c’è Paese in Europa che abbia un patrimonio di paesaggi rurali così diffuso in tutte le sue regioni. Le nuove iscrizioni confermano questa ricchezza unica di identità e di capacità degli agricoltori di formare e conservare i luoghi come veri e propri beni comuni. Rafforzare la valorizzazione di queste aree è un impegno che confermiamo nell’anno nazionale del cibo italiano». Gli altri cinque paesaggi rurali, già iscritti da tempo nel Registro nazionale, sono: le “Colline vitate del Soave”, paesaggio della provincia di Verona dove la coltura della vite risale al tempo dei romani; i “Paesaggi Silvo pastorali di Moscheta”, nel Mugello, un esempio significativo del ruolo storico dei monasteri nella gestione del territorio appenninico; le “Colline di Conegliano Valdobbiadene – Paesaggio del Prosecco superiore”, altro esempio di zona di antica diffusione della viticoltura in cui si è conservato, in larga misura, l’assetto paesaggistico storico; gli “Oliveti terrazzati di Vallecorsa”, in provincia di Frosinone, l’area dell’antica Castrum Valis Cursae; il “Paesaggio agrario della Piana degli oliveti monumentali di Puglia”, oltre 200 mila piante di ulivo monumentale censite a cavallo tra le province di Bari e Brindisi a testimonianza del rapporto storico tra coltivazione dell’olivo e organizzazione sociale del territorio. La pratica tradizionale già presente nel Registro, infine, è quella della “transumanza”, un esempio di “utilizzo sostenibile delle risorse naturali per realizzare prodotti, alimentari e non, nel rispetto dell’ambiente, della natura, del benessere animale ed umano”.
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