La Rivista del Sindaco


MANCANO MEDICI DI BASE E PEDIATRI, ALLARME DEI SINDACI

I primi cittadini della Martesana chiedono l’intervento della Regione Lombardia, ma nei prossimi anni il problema sarà sempre più diffuso in tutto il Paese
Territorio e governo locale
di La Posta del Sindaco
24 Gennaio 2018
I sindaci dei nove Comuni del distretto socio-sanitario 4 della Città metropolitana di Milano scrivono alla propria azienda di servizio sanitario locale - in Lombardia dal 2016 si chiamano ATS, Agenzie di Tutela della Salute – per denunciare la mancata designazione di sostituti per i posti di medici di base rimasti da tempo vacanti. Si tratta di un territorio che si estende a nord est di Milano, lungo il Naviglio della Martesana, e che comprende i Comuni di Bussero, Carugate, Cassina de’ Pecchi, Cernusco sul Naviglio, Cambiago, Bellinzago Lombardo, Gessate, Gorgonzola e Pessano con Bornago. «In tutti i Comuni del distretto – fanno sapere i sindaci – le amministrazioni si trovano ad ascoltare le lamentele e le preoccupazioni rispetto al tema dei medici e dei pediatri di base», un disagio cui però non possono porre rimedio, non essendo i Comuni i responsabili della distribuzione o della scelta degli ambiti in cui mandare i medici, compito che è invece di competenza diretta delle ATS. «I vertici sanitari ci dicono che non dobbiamo limitarci a curare il nostro orticello, che dobbiamo ragionare in termini di bacino, ma – rincara la dose il sindaco di Bussero, Curzio Rusnati – non posso accettare che un 80enne salti sul metrò e arrivi a Gorgonzola o a Cassina per farsi fare una ricetta di un farmaco salvavita. Nessuno che abbia buon senso può venirci a dire che tutto questo è logico».

Il problema della carenza di dottori di medicina generale e di pediatri è noto da tempo e riguarda non soltanto questa area della Lombardia, ma tutta la regione così come anche altre del Paese. Secondo un calcolo fatto da diverse associazioni di medici, soltanto nel settore della Medicina generale si stima che in cinque anni (2016-2020) – considerando un’età di pensionamento di 67 anni – usciranno dal SSN circa 15 mila medici di base. Ma, nello stesso arco di tempo, ne entreranno in servizio di nuovi soltanto 5 mila al massimo. Quindi, le stime più pessimiste – che però senza inversioni di tendenza sono anche al momento le più verosimili – prevedono che nel 2025 mancheranno circa 20 mila medici di medicina generale in tutta Italia. Di analogo tenore sono anche le previsioni per quanto riguarda i colleghi pediatri: una situazione suscettibile di mettere a rischio la tenuta stessa del Sistema sanitario nazionale. Secondo Fabio Rolfi, presidente della commissione Sanità e politiche sociali della Regione Lombardia, «il rischio è di avere pochi medici con un carico di lavoro crescente: una prospettiva che mette a rischio soprattutto le aree periferiche della regione, le zone di montagna e la bassa pianura».

E proprio le Regioni sembrano avere in mano il pallino per una possibile soluzione: l’aumento delle borse di studio per i giovani medici in formazione, così da rendere più attrattive le specializzazioni in medicina generale e pediatria rispetto ad altre. La Lombardia ha già agito in questo senso, aumentando il finanziamento destinato alle borse, ma la protesta (per ora molto garbata) dei sindaci della Martesana sta a dimostrare come lo sforzo non sia stato sufficiente. Anche la Regione Piemonte sta cercando di correre ai ripari e, di recente, ha chiesto al Governo una maggiore autonomia nella programmazione dell’offerta formativa destinata ai medici e al personale sanitario. Anche in questa regione ci si sta confrontando con problematiche analoghe e, sempre di questi giorni, è la notizia che la Asl di Torino provvederà a breve ad assegnare gli incarichi di pediatra e di medico di medicina generale nelle zone con le situazioni di maggiore carenza. Nell’ultimo biennio, le borse di studio della Regione Piemonte destinate al corso triennale di formazione specifica in medicina generale sono passate da 80 a 120. Sforzi non indifferenti da parte di due Regioni con, peraltro, standard qualitativi medi piuttosto elevati, ma che tuttavia non appaiono ancora sufficenti a fronteggiare la drammatica carenza di medici prevista per i prossimi anni.

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