I primi cittadini e la (quasi) ineluttabilità del destino che prima o poi toccherà loro in sorte: il coinvolgimento in qualche inchiesta giudiziaria
di
La Posta del Sindaco
30 Gennaio 2018
Ex sindaco di Firenze per due mandati consecutivi, dal 1999 al 2009 e, sempre in quegli anni, ex presidente dell’Anci, oggi presidente di Cittalia (fondazione dell’Anci), Leonardo Domenici ha di recente rilasciato - in un articolo significativamente intitolato “La caccia al sindaco” apparso sul quotidiano “Il Foglio” - delle interessanti riflessioni sulle molte, o forse troppe, difficoltà che il mestiere di primo cittadino comporta. Prendendo come pretesto una dichiarazione di questi giorni del sindaco Cinque Stelle di Livorno, Filippo Nogarin, in cui viene messa seriamente in discussione l’ipotesi di ricandidarsi per un secondo mandato alla guida della città, Dominici si dilunga su quello che definisce un ormai assodato “problema nel rapporto tra sindaci e giurisdizione, soprattutto penale”. Nogarin, vale la pena precisarlo, già indagato nell’ambito di un’inchiesta sulla municipalizzata che gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti, ha di recente ricevuto un nuovo avviso di garanzia, per concorso in omicidio colposo, nell’ambito dell’inchiesta sulla tragica alluvione dello scorso settembre in cui hanno perso la vita nove persone.
Lo stesso Leonardo Domenici, nel corso dei suoi mandati, ha dovuto confrontarsi con diverse inchieste, sia penali che civili, alcune delle quali “del tutto assurde” secondo l’interessato. Per dovere di cronaca, va ricordato che la Corte di Cassazione gli ha confermato una condanna a un anno e sei mesi per non aver esercitato i poteri di vigilanza e di controllo sui suoi dirigenti, che avrebbero dovuto mettere in sicurezza il Forte Belvedere prima che una persona, precipitando dai suoi bastioni, vi perdesse la vita nel 2008. Ma l’ex sindaco rivendica di aver detto la sua e di aver assunto posizioni molto critiche nei confronti della magistratura, da presidente dell’Anci e ben prima che questa vicenda accadesse. Il ripetersi di avvisi di garanzia e di inchieste che riguardano i sindaci e gli amministratori locali è ormai una costante che accade con una tale frequenza che non è più possibile parlare di casi isolati, «a meno che non si pensi che una categoria intera di rappresentanti istituzionali sia composta di delinquenti più o meno incalliti» fa notare Domenici, che aggiunge molto eloquentemente a sostegno della sua tesi: «la figura del sindaco viene oggi accusata soprattutto di abuso d’ufficio, legato a ciò che un sindaco fa, e di omissione, legata a ciò che un sindaco non fa. Si potrebbe dire, in maniera semplificata, che fai o non fai sono comunque guai».
Ma di seguito riportiamo per esteso un passaggio della riflessione dell’ex sindaco, perché ci sembra particolarmente interessante e, forse, capace di andare al nocciolo del corto circuito che sembra essersi creato tra magistratura e istituzioni locali: «il magistrato tende a semplificare, vedendo nel sindaco una sorta di figura apicale, sintetica e riassuntiva di una serie di responsabilità in ultima istanza. E’ lì che viene fatta una semplificazione rispetto alla complessità del rapporto fra norme e ruolo del sindaco, ma questa semplificazione sottovaluta l’ampiezza e l’articolazione dei sistemi amministrativi e del loro funzionamento, soprattutto in un grande Comune. Mi pare che si tenda ad estendere quasi a dismisura la posizione di garanzia diretta del sindaco nei confronti del bene pubblico e del cittadino. Se dilato l’applicazione di questa posizione di garanzia il rischio è che l’individuazione delle responsabilità, rispetto un determinato fatto o un determinato caso, venga attribuita più in virtù della funzione svolta, cioè quella del sindaco, che non in relazione alla ricostruzione di un fatto accaduto».
Secondo Domenici, inoltre, in un clima generale di debolezza della politica e di sfiducia nei confronti delle istituzioni, «un magistrato può sentirsi indotto a svolgere una funzione sostitutiva e suppletiva di tutela del bene pubblico e del cittadino», e il rischio forte è quello di sconfinare, da parte del magistrato, nella «valutazione della opportunità o meno di scelte squisitamente politico-amministrative, in una società in cui è forte il circuito mediatico e c’è un effetto di ridondanza particolarmente significativo». Si rischia, insomma, di delegittimare una figura chiave in un momento in cui è già molto difficile il rapporto tra società civile e istituzioni. Una conclusione che riteniamo condivisibile ma che, ci sentiamo di aggiungere, va abbracciata senza però voler legittimare il sindaco a spese del magistrato, screditando di rimando un’istituzione e un ruolo altrettanto, e forse più, chiave e andando così a ingrossare le fila dei tanti che vorrebbero una magistratura più “docile” nei confronti della politica. Non è il caso di Domenici, che assicura di non voler minimamente pensare a nessuna forma di estensione dell’immunità dei sindaci ma che, tuttavia, ribadisce come il sindaco sia una figura attualmente sovraesposta che «non gode delle medesime tutele che hanno altre figure istituzionali, come il parlamentare o il consigliere regionale».
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