Dopo Piemonte e Liguria, anche la Regione Umbria, congiuntamente (forse) a Toscana e Marche, chiede maggiore autonomia
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La Posta del Sindaco
08 Febbraio 2018
E’ di due giorni fa la notizia che la giunta della Regione Umbria sarebbe in procinto di richiedere ulteriori forme di autonomia, sulla base di quanto previsto e nel rispetto delle condizioni poste dall’articolo 116 della Costituzione. L’intenzione è quella di arrivare a sedersi al tavolo di confronto con il Governo insieme alle Regioni Toscana e Marche e, eventualmente in un secondo tempo, anche con la Regione Lazio. L’assessorato alle Riforme istituzionali ha quindi ricevuto mandato di predisporre, in coordinamento con Toscana e Marche, gli atti formali per inviare quanto prima un’istanza con la richiesta formale al Governo (immaginiamo il prossimo). Di questa unità di intenti, che sembra riflettere l’idea di una “macro regione dell’Italia di mezzo” più volte evocata in questi ultimi anni dai vertici politici delle tre Regioni, a dire il vero non abbiamo trovato delle chiare conferme da parte delle altre due Regioni interessate. C’è anzi una dichiarazione di ieri - l’ennesima in questo senso – in cui il governatore della Toscana Enrico Rossi si dice contrario alla richiesta di maggiori forme di autonomia, anche se ex articolo 116 (per non parlare di quelle perseguite con la via del referendum scelta da Veneto e Lombardia).
Se i conti in regola sono uno dei pre-requisiti necessari per poter richiedere maggiore autonomia, la Regione Umbria li rivendica anche grazie ai risultati raggiunti dopo anni in cui ha perseguito il “leitmotiv della Regione leggera”. Ha quindi ridotto il numero di assessori e consiglieri, l’apparato regionale e le sue agenzie, contenuto il numero delle società partecipate, ha liquidato le Comunità montane, accorpato le aziende sanitarie, e sforbiciato i costi dove possibile. «Dalla “Regione leggera” bisogna però ora passare a quella “nuova” – si legge nel documento dell’assessorato alle Riforme – visto che oggi le Regioni appaiono come macchine bloccate, e molti di questi blocchi vengono dal rinvigorito centralismo che taglia risorse e aumenta il proprio peso di decisione sulle politiche regionali». La Regione chiede quindi un’”autonomia selettiva” al servizio “dei grandi obiettivi programmatici in cui l’Umbria si pone come territorio di eccellenza”.
Essenzialmente sono quattro le aree in cui la Regione chiede maggiore spazio decisionale in virtù, appunto, dei risultati vantati (“a prova di benchmark”): il paesaggio ed i beni culturali; il sistema della formazione e dell’istruzione; quello sanitario e il settore della protezione civile, la prevenzione sismica e la rigenerazione urbana.
Lo scorso gennaio è stata invece la volta di Piemonte e Liguria che, sempre sulla base di una richiesta fatta secondo il percorso costituzionale dettato dall’articolo 116, hanno incontrato a Roma il sottosegretario agli Affari regionali e sono quindi “pronte” per sedersi al tavolo cui, dallo scorso novembre, già prendono parte Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Il “mandato” a trattare con Roma, conferito dalla giunta regionale del Piemonte in una delibera del 10 gennaio scorso, individua nella sanità, i beni paesaggistici e culturali, le politiche attive del lavoro, l’istruzione e la formazione, la montagna, la finanza pubblica, l’ambiente e l’internazionalizzazione del sistema industriale le materie su cui richiedere maggiori spazi di autonomia. Il vicepresidente della Regione Piemonte, nell’illustrare il provvedimento, ha dichiarato come “la partita dell’autonomia non vada giocata sulla quantità ma sulla qualità delle funzioni chieste”, nella convinzione che limitarsi a poche materie rende evidente come la richiesta di autonomia non sia fatta in termini di rivendicazione ma di volontà di sostenere la crescita del Piemonte.
Toni tranquillizzanti anche dalla Regione Liguria, che ha formalmente richiesto di avviare le trattative per maggiori forme di autonomia, sempre ex articolo 116, peraltro manifestando nel contempo una volontà di sinergia, reciproca sembrerebbe, con il vicino Piemonte. Del resto, se in un futuro prossimo Toscana, Marche, Umbria e (forse) Lazio potrebbero costituire una macro regione del Centro in grado di interloquire con lo Stato vedendosi riconosciuta un maggiore margine di autonomia rispetto agli attuali, tanto più potrebbero farlo Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna: una macro regione funzionale del Nord-Ovest peraltro già in fase di contrattazione per ottenere maggiori spazi. La risoluzione, approvata all’unanimità dal consiglio regionale della Liguria, ha individuato le seguenti materie che dovranno essere oggetto di confronto col Governo: ambiente, salute, scuola e lavoro, infrastrutture, logistica portualità, reti di trasporto, governo del territorio, demanio marittimo e montagna, beni culturali e eventuali altri aspetti che dovessero emergere nel corso delle trattative.
Staremo a vedere. Secondo un articolo de “L’Espresso” uscito all’indomani dei referendum tenutisi in Veneto e Lombardia, tentazioni autonomiste di qualche tipo serpeggerebbero per tutta (o quasi) la Penisola, e finanche Puglia e Basilicata potrebbero presto farsi avanti per chiedere più spazio. A quel punto, forse, potrebbero paradossalmente essere gli statuti ordinari ad essere considerati “speciali”: speciali nel senso di diventati rari.
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