Aumento della tassa di soggiorno

L'imposta di soggiorno comincia a pesare nelle tasche di turisti e viaggiatori, dopo l'esclusione dal blocco tributi, avvenuta con il Dl 50/2017 dello scorso anno. Adottata da oltre mille comuni, l'Osservatorio nazionale di Jfc ha stimato che quest'anno raggiungerà i 509 milioni di gettito totale.  Questa imposta vede la contrarietà di Gian Marco Centinaio, ministro del Turismo, che ha affermato: "Se proprio deve esserci, dovrà essere uniforme in tutta Italia e di scopo". Dichiarazione che può apparire strana, trattandosi di uniformità applicata a un tributo locale, ma è pur vero che sono pochi i comuni che indirizzano tutto il gettito alla promozione turistica e sono ancora meno quelli che ne riportano un rendiconto puntuale.

Ovviamente, in una situazione di rincari bloccati, l'imposta di soggiorno può diventare una tassa utile per i 3.700 centri (città d'arte, capoluoghi e località turistiche) che hanno facoltà di istituirla (secondo il Dlgs 23/2011) per ottenere introiti extra. Nel 2018 sono state 88 le amministrazioni che ne hanno disposto l'introduzione, mentre diverse altre ne hanno fatto richiesta o stanno dibattendo la questione.

Ad esempio, in Friuli Venezia Giulia l'imposta è diventata attiva dal novembre 2017, quando il regolamento regionale è entrato in vigore. Molti comuni ne hanno approfittato in vista della stagione estiva, fin dal successivo marzo, come la città di Grado, e poi altre nei mesi successivi: Aquileia ad aprile, Legnano Sabbiadoro a maggio e Trieste a giugno. Anche in Liguria molti centri hanno attivato l'imposta, tra cui Ventimiglia, Monterosso a mare e Camogli. Altre famose mete turistiche sono Portofino, Rapallo, Santa Margherita e Zoagli, mentre in alcuni casi dei Comuni hanno fatto marcia indietro, come Alassio, provincia di Savona, che ha attivato l'imposta nel 2017  per poi sospenderla nel 2018, in cui era prevista per i mesi di luglio e agosto.

La difficoltà di riscuotere l'imposta, in caso di mancato versamento da parte dei gestori di strutture ricettive, è da sempre un noto punto debole. Nel 2018, la Cassazione (con la sentenza a Sezioni unite 19654/2018) ha riconosciuto la responsabilità per danno erariale all'albergatore che non riversa il tributo al Comune dopo che le Finanze a Telefisco ne avevano negato la posizione di responsabile d'imposta. Per contrastare l'evasione fiscale e semplificare il prelievo si sta andando verso le intese con cui i portali internet (atti ad affitto brevi e case vacanze) potranno riscuotere l'imposta assieme al canone e poi versarla al Comune. Stando a quanto dichiarato dalla sede italiana di Airbnb diverse città hanno stretto accordi per semplificare versamento riscossione del tributo, tra cui troviamo Firenze, Rimini, Bologna, Milano, Torino e Napoli.

Ai fini di rimpinguare le casse comunali, i risultati sono stati ottimi: a Milano, la tassa di soggiorno ha portato al comune 2,2 milioni, nei soli primi quattro mesi, a fronte di una stima di 3 milioni per tutto l'anno. Airbnb conferma i colloqui in corso con Roma nella speranza di "replicare gli accordi già operativi". Nel caso si attuasse una uniformità del tributo, questo ne favorirebbe di certo la riscossione da parte del portale. Intanto, il portale ha attuato una prima intesa con CasaVacanza.it, al fine di riscuotere la tassa dai turisti in soggiorno in case vacanze a Rimini.