La Rivista del Sindaco


Fondo di 3 miliardi e quota Pir per le Startup

Approfondimenti
di La Posta del Sindaco
03 Ottobre 2018

Entro l'anno, il governo ha intenzione di avviare un progetto destinato al venture capital e alla private equity, in modo da garantire dai 2 ai 3 miliardi di raccolta dai soggetti istituzionali e una quota per degli investimenti minimi da parte dei Piani individuali di risparmio (o Pir).

Il vicepresidente della commissione Attività produttive della Camera, Luca Carabetta, ha parlato di questa iniziativa, il cui scopo è aiutare la nascita di startup e il consolidamento delle aziende , in fase di crescita e consolidamento che hanno bisogno di ulteriori finanziamenti (le cosiddette scaleup), annunciando anche l'avvio di un'indagine finalizzata a conoscere il mercato di capitali "con un ciclo di audizioni aperto ai principali stakeholder che dovrebbe partire a ottobre". Lo scopo delle audizioni è quello di definire e concretizzare il progetto, per presentarlo come emendamento entro fine anno e farlo entrare nella legge di stabilità, riuscendo poi a partire poi con la messa in moto operativa già dai mesi seguenti. Come già anticipato da Di Maio, la maggioranza punta così a coinvolgere casse previdenziali, fondi pensione, assicurazioni, fondazioni bancarie, lasciandosi una possibilità aperta per un coinvolgimento anche da parte delle grandi partecipate statali. Il target i 3 miliardi, sarebbero impiegati per aiutare startup innovative e le scaleup in bisogno di nuovi finanziamenti, per consolidarsi o accelerare la crescita o avviarsi verso l'exit o l'Ipo.

Pur non comparendo vincoli di settori, per quanto riguarda gli investimenti, è ben presente il vincolo territoriale, al fine di promuovere le azione italiane, aiutandole con degli investimenti. Con un punto di partenza nella Bpi francese, il modello a cui si ispirerà la forma giuridica del progetto, prende spunto proprio da quelli esteri. L'idea si basa su un grande fondo dei fondi, che possa sfruttare risorse istituzionali e possibilmente una quota minoritaria da parte dello Stato, in aggiunta a fondi privati, anche di origine straniera. Dovrebbe poi affiancarsi ad altri strumenti già esistenti, come Invitalia ventures, ITAtech (Cassa depositi e prestiti-Fei) e il Fondo italiano di investimento. Inoltre, si sta pensando a fornire un ulteriore appoggio, creando agevolazioni per il credito di imposta o portando un alleggerimento sul capital gain.

Per quanto riguarda il Pir, la base su cui il governo andrà a lavorare pare già pronta, con un emendamento già preparato dall'anno precedente per essere inserito nella legge di stabilità ma non sfruttato. All'attuale, fondi pensione e casse di previdenza hanno un tetto massimo del 5% da destinare all'attivo patrimonio degli investimenti (considerati qualificati dal Pir). Se si tirasse fuori l'emendamento dello scorso anno, si parla di un'ulteriore quota (probabilmente al 3% ) da devolvere a questi investimenti qualificati, entro un certo periodo, per integrarla nel venture capital e nella private equity riguardanti la nuova piattaforma. Secondo Carabetta, con solo il 3% della raccolta del Pir, si riuscirebbero a mobilitare 300 milioni.

Gli aspetti da definire e ancora aperti sono molti, in primis l'entusiasmo e l'ambizione del M5S che si scontra con un risposta molto cauta, da parte del mercato istituzionale. Inoltre, ammette Carabetta, c'è una frammentazione eccessiva dei fondi addetti alla gestione del risparmio, oltre a dover affrontare il paradosso di un mercato a rilento che non offre strumenti attrattivi, portando i soggetti istituzionali a investire in fondi francesi.


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