La Rivista del Sindaco


L’imposta di soggiorno va valutata con le associazioni di categoria più rappresentative

Approfondimenti
di La Posta del Sindaco
25 Luglio 2019

Materia spinosa è quella relativa all’imposta di soggiorno, l'articolo 4, co. 3 del Decreto Legislativo 23/2011 prevede che il Consiglio Comunale ha la possibilità di rimodulare attraverso un proprio regolamento l’imposta, ma è necessario confrontarsi precedentemente con le associazioni di categoria più rappresentative, come i titolari delle strutture ricettive che operano sul territorio.

Se tale parere non viene ascoltato e/o richiesto, anche senza essere vincolante, può comportare l’annullamento del provvedimento emanato dall’Amministrazione.

Questa decisione arriva dal Tar Calabria Sezione 1 di Catanzaro, attraverso la sentenza 1354/2019, depositata lo scorso 8 luglio. I Comuni capoluogo di provincia, delle Unioni comunali o facenti parte dell’elenco delle località turistiche o città d’arte, hanno il potere di decidere l’entità della tassa di soggiorno a carico dei turisti che soggiornano presso le strutture ricettive presenti sul territorio.

Tale imposta, va calcolata seguendo il criterio di gradualità, raggiungendo un massimo di 5€ a notte, il gettito ricavato da questa tassa è utile al fine di finanziare sia interventi riguardanti il turismo, la manutenzione ed il recupero dei beni culturali locali, ma anche i servizi che il Comune offre ai propri cittadini. Secondo il terzo comma del sopracitato Decreto, i comuni possono inoltre intervenire disponendo varie modalità applicative del tributo stesso, dalle esenzioni alla riduzioni per determinati soggetti o durante alcuni periodi di tempo, sempre ascoltando preventivamente le associazioni interessate.

Il caso in questione ha visto fare ricorso ad una delibera comunale alcuni titolari di strutture ricettive, in quanto il Comune, attraverso il Commissario Prefettizio, ha rimodulato l’imposta di soggiorno e l’ha approvata in fase di Consiglio, senza avvisarli ed ascoltarli preventivamente.

I magistrati seguendo quanto già sentenziato dalla stessa Sezione del Tar attraverso la sentenza 1231/2019, hanno dichiarato l’illegittimità del regolamento e provveduto ad annullarlo, difatti, anche se il parere delle associazioni di categoria non è vincolante, ma non si può eliminare un confronto con le stesse, divenendo una vera e propria conidico sine qua non per emanare tale tipologia di provvedimento.


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