La recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha riportato d’attualità il tema relativo ai controlli sul luogo di lavoro, difatti una strana coincidenza ha posto ali “onori” delle cronache il provvedimento dei magistrati europei e un altro caso collegato ai cosiddetti “furbetti del cartellino”.
Negli scorsi mesi, il Ministro Bongiorno (facente parte dell'ex Governo Giallo-Verde), aveva previsto l’ipotesi di controlli biometrici al fine di evitare tali comportamenti scorretti da parte dei dipendenti pubblici, questa ipotesi, seppur di grande impatto e di efficacia elevata, si è scontrata con l’attuale normativa europea della Privacy (Regolamento UE 679/2016) ed il Garante. Le opposizioni non riguardano il merito della proposta, ma sono relative alla conservazione di dati così importanti.
Il caso analizzato dalla Corte di Strasburgo riguarda sempre dei dipendenti infedeli e ricalca parzialmente una delle storiche proposte per evitare l’odioso fenomeno italiano, quella relativa alla videosorveglianza tramite telecamere nascoste. In Spagna, il titolare di un supermercato preoccupato per le incongruenze tra il magazzino ed il venduto ha scelto di installare una serie di videocamere visibili ed alcune nascoste.
Attraverso questo stratagemma, l’uomo ha scoperto che erano i suoi dipendenti a truffarlo. Nonostante la videosorveglianza occulta dei dipendenti è vietata in quanto limitazione della libertà personale e possibile soggetto di azioni ritorsive, la Corte ha deciso di legittimare tale operazione, spiegando che nel caso di specie il sistema di videosorveglianza ha un lecito motivo di esistenza, in quanto erano presenti fondati e ragionevoli sospetti di furti, l’area di riprese oltre che essere aperta al pubblico era circoscritta ed il tempo di funzionamento dell’intero impianto era limitato, permettendo all’imprenditore di provare i furti commessi all’interno della sua azienda.
Il Garante della Privacy, da sempre attento in materia di sorveglianza ha difatti sostenuto che “La sentenza della Grande Camera della Corte di Strasburgo se da una parte giustifica, nel caso di specie, le telecamere nascoste, dall'altra conferma però il principio di proporzionalità come requisito essenziale di legittimazione dei controlli in ambito lavorativo”.
La risposta del Garante dimostra che i controlli in ambiente lavorativo sono legittimi, ma bisogna essere in grado di unire gli aspetti relativi alla dignità e alla libertà, senza dimenticare garanzie e doveri che i dipendenti devono rispettare.
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