La Rivista del Sindaco


PROVINCE ANCORA NEL LIMBO

Territorio e governo locale
di La Posta del Sindaco
23 Ottobre 2017

Sul loro futuro sarà probabilmente il prossimo Governo a dover decidere la strada da seguire

Province al palo costano ancora e non funzionano (di Alessandro Barbera su “La Stampa” del 23 ottobre 2017) 
Il quotidiano torinese dedica alla situazione delle Province italiane un lungo articolo. L’apertura contiene un’elencazione di una serie di casi abbastanza eclatanti - ponti chiusi o abbattuti, frane non rimosse, strade chiuse o aperte soltanto parzialmente - che danno il polso della situazione in cui versano le strade provinciali italiane, da Nord a Sud, indifferentemente. Di fatto, a causa delle cattive condizioni del manto stradale, è stato calcolato che su un trenta per cento delle provinciali si è dovuto ricorrere ad un limite di velocità di 50 o anche 30 chilometri orari e, inoltre, in molte di queste è stato anche vietato il transito ai mezzi pesanti. Secondo il giornalista l’idea di abolire le Province - così come erano congegnate - e trasformarle in enti di coordinamento tra Comuni non è stata sbagliata. Solo che, visto che sono rimaste loro attribuite due competenze gravosi - la manutenzione di 130 mila chilometri di strade e quella di 5.100 edifici dove studiano circa due milioni e mezzo di studenti delle superiori - dovevano rimanere anche fondi adeguati al compito. Peraltro se il Governo puntava a trasferire la competenza sulle scuole superiori ai Comuni, dopo il fallimento del referendum dello scorso dicembre che avrebbe dovuto sancirne la cancellazione dalla Costituzione, il cerino in mano è ritornato alle Province. Una volta fallito il progetto di abolizione definitiva e incassata la batosta elettorale, il Governo Gentiloni è dovuto correre ai ripari non potendo fare a meno di ripristinare una buona parte delle risorse in precedenza sottratte alle Province (anche se le dirette interessate rivendicano un fabbisogno all’incirca doppio rispetto ai 350 milioni presenti nella Finanziaria 2018). Non è comunque soltanto un problema di risorse e sarà probabilmente il prossimo esecutivo a dover scegliere cosa fare delle Province: gestire l’esistente tamponando le falle (“nella migliore tradizione italiana”); ritentarne l’abolizione o ripensarne il ruolo. Achille Variati, sindaco di Vicenza e presidente della relativa Provincia e dell’Upi (Unione delle Provincie italiane), ad esempio sottolinea come nel caso della gestione del territorio esista un problema di funzioni da rimettere in ordine: al momento queste sono troppo spezzettate e sovrapposte tra Enti vari.  

All’interno della difficile situazione delle Province, spicca quella delle 14 Città metropolitane: immaginate fin dagli anni novanta sul modello francese, avrebbero dovuto prendere il posto delle ex Province e dei Comuni delle grandi città. Al momento, invece, non servono quasi a nulla. La situazione di quella di Roma, ad esempio, è abbastanza paradigmatica. Ne è a capo - di diritto - l’attuale sindaco di Roma, la grillina Virginia Raggi. I consiglieri però sono eletti secondo un criterio che tiene conto dei voti espressi e, quindi, la Raggi governa un Ente nel quale il suo partito è in minoranza. A riguardo così si esprime Alessio Pascucci, sindaco di Cerveteri (di centrosinistra) e presidente della commissione Bilancio della Città metropolitana: «Ai consigli la Raggi non viene mai. E mi sento di dire che con i problemi che ha in Campidoglio la capisco pure. Capisco anche il clima di rassegnazione negli uffici: la gran parte dei dirigenti e dei funzionari è senza guida e non sa che fare».  Quanto alla situazione dell’edilizia scolastica, se è vero che i piani vari del Governo - le “buone scuole” e “scuole sicure” varie - hanno finalmente reso disponibili un po’ di risorse sembra anche, però, che le Province avrebbero fatto la parte dei “parenti poveri”, riuscendo ad accaparrarsi soltanto il 16% dei fondi disponibili. Situazione che poi sarebbe leggermente migliorata con l’arrivo dei bandi della Banca europea degli investimenti dedicati all’edilizia scolastica.  «Non c’è dubbio che le Province abbiano fatto più sacrifici di chiunque altro» - ammette il consigliere di Palazzo Chigi, professore universitario ed esperto di Enti locali Luigi Marattin - «Per ritrovare un assetto stabile servono due cose: rimettere in equilibrio le risorse, e credo che questo sia stato fatto. La seconda è ripensare l’ente, le sue funzioni di coordinamento e regolamentazione dei servizi pubblici locali».  L’importante però - questa la tesi dell’articolo - è non ritornare alla situazione precedente alla riforma Delrio. Come si è deciso di fare in Sicilia, dove l’Assemblea regionale, alla vigilia di Ferragosto e a legislatura ormai tecnicamente conclusasi, ha pensato bene di ripristinare praticamente tutte le vecchie funzioni delle Province che, addirittura in anticipo sulla stessa legge nazionale e con squilli di fanfara, aveva invece in precedenza deciso di eliminare e ribattezzare come “liberi consorzi comunali”. Un progetto però che rischia di non superare il vaglio della Corte costituzionale, visto che il Governo vi è prontamente ricorso.
 
 

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