Le multinazionali delle consulenze sono presenza ormai consolidata nelle amministrazioni pubbliche
Lo Stato in appalto alle “big four”: affare da 300 milioni (di Carlo Di Foggia e Marco Palombi su “Il Fatto Quotidiano” del 23 novembre 2017)
Il caso della consulente del Tesoro accusata dalla Procura di Milano di aver preso soldi da Ernst & Young per raccontare in anteprima le intenzioni del Governo in materia fiscale fa da spunto a Il Fatto Quotidiano per portare l’attenzione sul rapporto delle pubbliche amministrazioni, sia centrali che periferiche, con le 4 grandi multinazionali delle consulenze - Ernst & Young, Kpmg, Deloitte e Pricewaterhouse Cooper - non a caso dette Big Four. Secondo quanto scritto dal quotidiano, non ci sarebbe ganglio della pubblica amministrazione in cui i quattro giganti - a livello mondiale, tutte insieme hanno raggiunto nel 2016 un fatturato di 125 miliardi di dollari - non occupino una posizione di rilievo assoluto. Da trent’anni a questa parte le competenze, che erano cresciute e si erano sviluppate “in house” nella Pa, sono state messe da parte e ormai non esisterebbe funzione per la quale non è necessario affidarsi ad un “superconsulente”. Spesso il profilo di questa figura coincide con quello di un ex dirigente in pensione dell’amministrazione con la quale tornerà a lavorare, ma questa volta “da esterno”. A lui sono affidati compiti complessi di svariata natura - dai piani industriali, ai servizi informatici, al supporto legale e tecnico a vari livelli - che svolge nei ministeri come a Palazzo Chigi, nelle Asl, nelle Regioni o in Enti come Inps o Inail. Secondo “fonti qualificate” consultate dal giornale, il rapporto con le Pa frutterebbe alle Big Four un fatturato pari a 300 milioni di euro all’anno (circa la metà appannaggio della sola E&Y), ovvero il 16,5% di quanto, nel 2016, avrebbero realizzato nel nostro Paese. Peraltro i “cospicui” rapporti delle quattro multinazionali (tre con sede in UK e una in Svizzera) con la pubblica amministrazione sarebbero spendibili anche in un altra lucrosa maniera: la loro conoscenza delle dinamiche della Pa e dei loro processi decisionali (per non parlare - sottolinea Il Fatto - della loro influenza diretta su queste dinamiche e processi) ha infatti un grande valore anche per una parte dei loro clienti privati, in genere grandissime aziende e banche. Un conflitto di interessi evidente ma ormai endemico.
Un paio di settimane prima che il Corriere riportasse lo scoop riguardante la consulente del ministero del Tesoro, contro l’operato delle Big four era scesa in campo l’Autorità Antitrust, infliggendo loro una multa di 23 milioni di euro per aver fatto cartello sulla gara della Consip riguardante “l’affidamento dei servizi di supporto e assistenza tecnica alle pubbliche amministrazioni per l’esercizio e lo sviluppo della funzione di sorveglianza e audit dei programmi cofinanziati dall’Ue”. Le società si sarebbero spartite i vari lotti della gara presentando, dove dovevano risultare assegnatarie, dei ribassi tra il 30 e il 35%, mentre dove avrebbe dovuto vincere un’altra delle quattro, i ribassi erano soltanto del 10-15%, seguendo così uno schema del tutto simmetrico. Il tutto, ha notato l’Antitrust, per una sorta di supposto “diritto divino”, perché le Big four ritenevano di essere le sole possibili candidate ad aggiudicarsi le gare tant’è che - come risultato in alcune dichiarazioni emerse successivamente - la vincita di alcuni lotti da parte di altri operatori, esterni al sodalizio, sarebbe stata accolta quasi con incredulità. La mega partita dei fondi europei, in effetti, sembrerebbe una esclusiva pressoché totale delle quattro società. Sul sito opencoesione.it si troverebbero ben 142 progetti di consulenza o assistenza tecnica affidati alle Big four (da sole o in associazione), e 127 di questi vedrebbero il coinvolgimento di Ernst & Young. Ma come è potuta avvenire questa penetrazione così capillare nel settore pubblico, si chiedono gli autori dell’articolo? Un caso di scuola potrebbe essere quello rappresentato dall’inps. Il più grande ente previdenziale d’Europa nel quale, attualmente, “dominerebbe” la società Kpmg, negli anni ’80 era all’avanguardia nell’auto-produzione degli allora nascenti servizi informatici dei quali aveva bisogno. Poi quel settore e le competenze che vi erano nate dentro sono state lasciate morire e, adesso, l’Inps ricorre ad appalti da decine di milioni di euro l’anno (alcuni oggetto dell’attenzione dei magistrati) per far gestire i propri sistemi informatici a società esterne. Non a caso, tra le criticità dell’Istituto segnalate dal suo presidente Tito Boeri all’atto del suo insediamento, ci sarebbero le “troppe consulenze per servizi di informatica” (e la poca trasparenza nella loro assegnazione). «E’ la famosa efficienza del privato a cui serve l’inefficienza dello Stato», chiosa Il Fatto Quotidiano.