La Rivista del Sindaco


L’UMBRIA È LA REGIONE CON IL PIÙ BASSO TASSO DI DISPERSIONE SCOLASTICA IN ITALIA

Per l’assessore regionale all’Istruzione ha pagato l’aver puntato con decisione sui percorsi integrati istruzione-formazione professionale
Qualità della PA
di La Posta del Sindaco
15 Gennaio 2018
In base ai dati elaborati da uno studio dell’Ufficio Statistica e studi del ministero dell’Istruzione (Miur) sul fenomeno della dispersione scolastica in Italia, l’Umbria è la regione con il tasso di abbandono più basso, ben al di sotto della media nazionale (con riferimento all’anno 2016). In particolare è il dato relativo all’abbandono nelle scuole secondarie di secondo grado (quindi negli istituti superiori) ad essere considerato particolarmente lusinghiero. Mentre la media nazionale è del 4,3% - con punte che arrivano o superano il 5% in Campania, Sicilia e Sardegna – in Umbria il tasso si ferma al 2,9%: il più basso in Italia. Il risultato viene rivendicato dall’assessore regionale all’Istruzione Antonio Bartolini con un certo legittimo orgoglio: «il dato dimostra anche che le politiche e gli investimenti messi in campo nella nostra Regione hanno dato risultati positivi. Abbiamo sostenuto con tenacia ed anche facendo grandi sforzi finanziari i percorsi di istruzione e di formazione professionale, cercando sempre di collegare il mondo della scuola con quello del lavoro per offrire sia agli studenti che alle aziende gli strumenti migliori nella combinazione domanda-offerta per raggiungere gli obiettivi di ciascuno». Quindi è l’integrazione tra istruzione e formazione professionale ad essere ritenuta la chiave vincente nel contrasto della dispersione scolastica. La Regione Umbria in questo campo ha investito, per l’anno appena trascorso, 523.472 euro finanziando tre progetti, uno nella provincia di Terni e due in quella di Perugia. Negli ultimi tre anni, gli alunni qualificatisi nei percorsi integrati di istruzione/formazione sono stati circa 3.500. Del sistema regionale di istruzione e formazione professionale fanno parte tutti i 22 istituti professionali umbri e le 8 Agenzie formative accreditate. L’offerta della Regione non si limita soltanto agli studenti che hanno un percorso scolastico “regolare”, ma percorsi di istruzione e formazione professionale “personalizzati”, per durata e contenuti, vengono messi a disposizione ogni anno ai giovani disoccupati/inoccupati fuoriusciti dal sistema scolastico, sia ordinamentale che di formazione professionale, ma ancora in diritto/dovere all’istruzione e formazione. 

Quanto alla dispersione scolastica in generale, e quindi non limitata alla sola scuola superiore ma comprendente anche la secondaria di primo grado (la scuola media), il dato medio nazionale – sempre riferito all’anno 2016 - è ben più elevato, con un tasso di abbandono che si attesta al 13,8%. Una percentuale considerevolmente superiore alle media europea, che è del 10,7%. Peggio di noi – tra i 28 Paesi Ue - fanno soltanto Malta, Spagna, Romania e Portogallo. Già la Bulgaria ci batte. Però, come fanno notare al Miur, va molto meglio rispetto al 20,8% di dieci anni fa e, comunque, ci stiamo almeno avvicinando all’obiettivo del 10% fissato da Europa 2020. Analizzando meglio il dato nazionale, si vede come rimangano forti gli squilibri territoriali, con il Mezzogiorno che fa registrare dei tassi di abbandono generalmente più alti (particolarmente elevati in Sicilia, con oltre il 23%, e in Sardegna e Campania dove si rimane sopra il 18%). Anche qui l’Umbria è la prima della classe, e precede il Veneto di un’incollatura al 6,7%. Confermata anche una forte disparità di genere, con gli studenti maschi che tendono a uscire dal sistema scolastico-formativo molto più spesso di quanto non facciano le colleghe femmine. Una differenziazione relativamente più nuova riguarda invece gli studenti di cittadinanza non italiana e non nati in Italia: tra questa particolare tipologia il tasso di abbandono è più elevato. Così come lo è tra un’altra categoria, che a volte coincide con la precedente: quella degli studenti che partono da condizioni economiche e sociali meno vantaggiose. In Italia, ed è un dato che fa impressione anche perché in crescita, esiste oltre un milione di persone in età scolare – compresa tra i 3 e i 18 anni – che vive in condizione di povertà assoluta.  

La dispersione scolastica e il fallimento formativo «non sono uno dei problemi della scuola italiana, ma sono il problema. Della scuola e del Paese intero – sottolinea la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli -. Combattere la povertà educativa deve essere la priorità nazionale, perché questa è la base per combattere le altre povertà: da qui partono le disuguaglianze, così come le opportunità. L’abbandono e la dispersione hanno conseguenze negative non solo sulle vite dei singoli, arrecano danno complessivo alla società, comportano una perdita economica per l’intero Paese in termini di Pil, minano la coesione territoriale e sociale». Per questi motivi la ministra ha istituito una Cabina di regia sulla dispersione scolastica e la povertà educativa e l’ha affidata a Marco Rossi Doria, ex sottosegretario all’Istruzione ed esperto del tema. Dal lavoro di questi mesi è scaturito il “Rapporto sul contrasto del fallimento normativo”, un documento (disponibile in allegato al presente articolo) che, oltre ad offrire una panoramica completa sul fenomeno, contiene una serie di raccomandazioni sulle azioni da mettere in campo nel prossimo quinquennio che aspirano a divenire un vero e proprio “piano nazionale di contrasto”.


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