Il futuro della scuola è in continuo sviluppo e mutamento, di cui ha parlato anche Lucia Azzolina, sottosegretari all’Istruzione che ha posto l’attenzione su due punti molto importanti, ovvero i meccanismi di formazione e assunzione dei docenti, che vedranno estendere l’obbligo di possedere una laurea abilitante anche per i soggetti intenzionati a lavorare nelle scuole secondarie e non solo per l’infanzia e la primaria (come invece è ad oggi).
Basta un poco di informazioni in merito per sapere che l’attuale sistema vigente, che si basa su graduatorie ad esaurimento e concorsi (da circa 20 anni mal regolati nel tempo) è chiaramente fallimentare. Questo modo di fare ha portato alla necessità di quasi 200mila supplenti annuali e a una grave carenza di docenti da mettere in ruolo per materie fondamentali, principalmente scientifiche ma non solo.
Le soluzioni tentate dai vari governi hanno sempre portato a soluzioni varie (spesso solo sanatorie) in cui l’assunzione degli insegnanti non tiene conto né valuta le loro capacità, portando ad un ovvio impoverimento della qualità dell’insegnamento. La necessità di un meccanismo di accesso continuo alla professione con una valutazione severa ma giusta delle competenze, e una possibilità per i singoli istituti di avere voce in capitolo nell’assunzione di chi ritengono necessario, potrebbe aiutare a colmare il divario fra domanda delle scuole ed offerta dei docenti. In tal senso ci potrebbero essere più soluzioni, come il concorso, la chiamata diretta, la laurea a numero chiuso, una commissione permanente di abilitazione e simili, ma la proposta di Azzolina vuole portare a comprendere che per diventare insegnante ci devono essere standard professionali (anche elevati) in cui gli aspiranti insegnanti dovranno rientrare.
In questa ottica, come è stato per molti anni, bisogna considerare che essere abilitati ed essere assunti sono due passaggi distinti: l’abilitazione è il prerequisito ma non fornisce alcun diritto all’assunzione, dipendente dalle esigenze delle singole scuole. Un altro punto messo in chiaro dalla Azzolina è un fattore tanto ovvio quanto poco tenuto in considerazione, ovvero che essere esperto in una materia, conoscerla bene, non significa affatto saperla insegnare. Questo è un aspetto che la laurea abilitante vorrà tenere in considerazione.
Si parla quindi di una laurea magistrale, dopo la triennale di preparazione disciplinare. Una magistrale in grado di fornire i mezzi e la formazione necessaria a livello didattico e pedagogico a relazionarsi con studenti e colleghi ed insegnare la propria materia di competenza con efficacia. Il tutto unito a un tirocinio in vere classi scolastiche, prima del conseguimento della laurea, come ormai avviene in molti paesi europei.
Una buona idea che da sola difficilmente sarà sufficiente a creare la necessaria svolta (in cui sono necessari anche altri rinnovamenti, tra cui l’aggiornamento degli insegnanti già in cattedra), ma che si può rivelare un ottimo primo passo, se il governo avrà la forza di portare avanti la proposta.
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